Articolo tratto da Lavoro Europeo – Magazine della Uil
Il nostro ordinamento è ricco di norme che impongono il rispetto del lavoro, della sicurezza e dei contratti collettivi, eppure continuano a persistere grosse sacche di lavoro irregolare e nero e gli annunci di infortuni e morti sono all’ordine del giorno.
Il nostro mercato del lavoro è intriso di un eccesso di strumenti di flessibilità e temporaneità che spesso generano precarietà.
E quando parliamo di precarietà e lavoro nero occorre intenderci che non sono altra cosa rispetto agli infortuni e morti sul lavoro di cui abbiamo notizia ogni giorno. Spesso sono le due facce di una stessa moneta: violazioni delle norme lavoristiche e sulla sicurezza.
E allora, dati alla mano, facciamo il punto della situazione in modo da essere più chiari.
Nel 2021 solo il 2% dei nuovi rapporti di lavoro è stato attivato con contratti a tempo indeterminato. Nel 2021 l’80% delle assunzioni dei giovani fino a 29 anni è avvenuto con contratti temporanei. Abbiamo oltre 2 milioni di disoccupati da reinserire in un mercato del lavoro dove gli investimenti nelle politiche attive sono sempre stati modesti. Assistiamo, soprattutto, quale effetto della pandemia, ad un aumento dei working poor, che derivano anche dallo spasmodico utilizzo e uso distorto di precari strumenti alternativi di ingresso rispetto ai contratti di lavoro (tirocini fittizi, false Partite Iva., etc).
A ciò occorre aggiungere la fotografia degli “invisibili”. L’Istat, seppur con dati riferiti al 2019, ci informa che le unità di lavoro (Ula) irregolari sono circa 3,6 milioni. Una platea di occupati le cui prestazioni lavorative sono svolte senza il rispetto della normativa vigente in materia lavoristica, fiscale e contributiva. Stiamo parlando di un sommerso lavorativo che corrisponde a circa 77 miliardi di evasione!
Una stima che non si discosta da quella degli anni precedenti, segnalando quindi come questa piaga del nostro mercato del lavoro sia costante e con alti numeri.
Ma vediamo ora i dati rilevati dagli ispettori del lavoro. Il monitoraggio dell’attività ispettiva condotta congiuntamente da Ministero del Lavoro, Inps e Inail, ci fornisce dati sul numero annuo di accessi ispettivi e tassi di irregolarità riscontrati. Su questo versante occorre ribadire ancora una volta il basso, bassissimo, numero di accessi ispettivi effettuati nel 2021, pari a circa 118 mila, in riduzione nel corso degli anni. Considerando che le aziende censite dall’Inps con almeno 1 dipendente sono oltre 1,6 milioni, significa che sono stati effettuati accessi ispettivi in 7 aziende ogni 100. Troppo pochi.
Dobbiamo con amarezza constatare che il numero di ispezioni è andato diminuendo nel corso degli anni. La funzione dell’attività ispettiva, sia in termini preventivi che repressivi, è di fondamentale importanza nel contrasto al lavoro irregolare e nero, ma anche nel fermare l’implacabile ondata di infortuni e morti sul lavoro.
Su quest’ultimo aspetto è necessario innalzare il livello di presidio della salute e sicurezza negli ambienti di lavoro, filone d’intervento che da qualche mese è rientrato tra le attività di vigilanza dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e su cui è di fondamentale importanza un’attività di coordinamento e raccordo con le Asl e controlli ispettivi soprattutto in quei settori dove maggiore è il rischio infortunistico e mortale.
Sostenere che il lavoro precario, irregolare, in nero, va contrastato, significa soprattutto eliminare dal mercato del lavoro il rischio di infortuni e morti. Perché eliminando questi “tre vizi”, si può conseguire l’obiettivo che per la Uil è diventato un cavallo di battaglia: ZERO MORTI SUL LAVORO.
Ivana Veronese – Segretaria confederale Uil