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Unioncamere. Nei prossimi cinque anni turnover per 676mila dipendenti pubblici

Tra il 2024 e il 2028 ci saranno nelle pubbliche amministrazioni 676mila nuovi ingressi a fronte di uscite per il pensionamento, mentre si prevedono ingressi aggiuntivi al turn over per 60.500 unità.

 

È quanto emerge dal Rapporto “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine” realizzato da Excelsior con Unioncamere

 

Il fabbisogno occupazionale dei vari settori è definito in larga parte, oltre che dal saldo atteso dello stock, dalla necessità di sostituzione di addetti in uscita dal mercato del lavoro. Questa componente della domanda è determinata principalmente8 da fattori di pensionamento o mortalità.

 

Si stima che per il quinquennio 2023-2027 la componente in sostituzione del personale in uscita dal mondo del lavoro ammonti a oltre 2,7 milioni di unità12. Essa rappresenta circa il 72% del fabbisogno complessivo stimato, con punte superiori al 90% per i lavoratori del comparto pubblico.

 

La forte incidenza del comparto pubblico determina anche l’assoluta predominanza del settore dei servizi che incide per poco meno dei tre quarti del totale delle necessità di sostituzione, raggiungendo quasi 2 milioni di unità.

 

L’importanza della componente di sostituzione per la PA è evidenziata anche dal rapporto tra la stima del turnover totale per il quinquennio 2023-2027 e lo stock di occupati nel 2022 – nella media pari all’11,4% – che raggiunge il 20,8% per i dipendenti pubblici. Per costruzione questo indicatore indica il grado di invecchiamento dei lavoratori in determinati settori, mettendo in evidenza in quali potranno esserci in futuro maggiori opportunità ma anche criticità nel reperimento del personale a parità di stock occupazionale.

 

Esaminando i dati a livello settoriale, si osservano le quote più elevate – oltre che negli “altri servizi pubblici e privati” con il 16,6% – nella filiera della “salute” (15,1%).

 

La criticità evidenziata direttamente per la Pubblica Amministrazione, determinata dalle elevate necessità di sostituzione del personale, ha degli effetti indiretti che riguardano tutta l’economia in quanto la carenza di dipendenti pubblici e/o la mancanza di competenze adeguate incide sul funzionamento degli uffici pubblici, della pubblica sicurezza, della sanità e dell’istruzione, servizi essenziali anche per le attività dei settori privati e del contesto sociale in generale. Diviene sempre di più strategico investire sul reclutamento e sulla formazione dei dipendenti pubblici, in modo da ridurre il rischio di “strozzature” che si ripercuoterebbero su tutto il Sistema Paese.

 

Si prevede pertanto, anche per il quinquennio 2023-2027, un’espansione del personale del pubblico impiego continuando in tal modo il trend positivo fatto registrare negli ultimi anni.

 

L’espansione  occupazionale dei dipendenti pubblici sarà assorbita dal comparto dei servizi generali e assistenza sociale obbligatoria per più del 45% (28mila unità), seguito dal comparto dell’istruzione che pesa per circa il 33% (quasi 21mila unità), essenzialmente a causa delle maggiori assunzioni necessarie per soddisfare le esigenze espresse dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il comparto della sanità, infine, dovrebbe contribuire per il 21% (più di 13mila unità), per ridurre le carenze strutturali che hanno caratterizzato il comparto nel recente passato.

 

Per quanto riguarda la componente di domanda di turnover del settore pubblico, tra il 2023 e il 2027 si prevede un andamento costante, con la sostituzione di oltre 135mila dipendenti in media all’anno. Pertanto, il fabbisogno complessivo del settore pubblico nel quinquennio di previsione è stimato intorno alle 738mila unità e sarà determinato per quasi il 92% dalla componente di sostituzione che coinvolgerà circa 676mila dipendenti.

 

In considerazione dell’elevato turnover previsto nella PA e dell’obiettivo di abbassare l’età media dei lavoratori nelle amministrazioni pubbliche (circa 50 anni nel 2020), anche la domanda di turnover potrà rappresentare un’ampia opportunità di sbocco per i giovani, soprattutto se si investirà sull’”attrattività” della Pubblica Amministrazione, offrendo condizioni retributive e di sviluppo professionale che possano competere con il settore privato.

 

L’analisi dei fabbisogni dei dipendenti pubblici per macro-gruppo professionale e livello di istruzione evidenzia la prevalenza delle figure qualificate e ad elevata specializzazione, in parte accentuata dai flussi aggiuntivi in ingresso di esperti e professionisti in grado di gestire i progetti e le procedure previste dal PNRR. Si stima che nel periodo 2023-2027 i dirigenti e le figure ad elevata specializzazione (avvocati/magistrati, professori, medici ed altre figure specialistiche) rappresenteranno circa il 42% del fabbisogno del settore pubblico, seguiti dalle figure tecniche, fra i quali i tecnici in campo scientifico e ingegneristico, con un peso di circa il 23% e dagli impiegati con una quota del 21%.

 

I dirigenti e le professioni con elevata specializzazione, trainate dall’immissione di personale docente, pesano per il 78% dei fabbisogni previsti per il comparto istruzione, tale quota scende al 27% per la pubblica amministrazione in senso stretto e al 21% per il comparto sanitario. In quest’ultimo caso è però rilevante il fabbisogno di professioni tecniche (42% del totale), mentre per la pubblica amministrazione in senso stretto è ancora consistente il fabbisogno di impiegati (35%), seppur qualificati.

 

L’ingresso di personale qualificato con un alto tasso di competenze digitali e tecnologiche nelle strutture dei servizi generali della pubblica amministrazione permetterà di inserire le professionalità strettamente necessarie all’attuazione dei progetti previsti dal PNRR e di proseguire il percorso di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.

 

Coerentemente con la necessità di inserire tra il personale della Pubblica Amministrazione prevalentemente figure professionali qualificate, circa 590mila dipendenti pubblici in ingresso saranno laureati (circa l’80% del totale), 118mila profili saranno in possesso di una formazione secondaria di secondo grado tecnico-professionale, mentre una quota residuale sarà rappresentata dai diplomati dei licei (circa 30mila unità).

 

Nel dettaglio, il fabbisogno di personale in possesso di un titolo universitario nel comparto Istruzione e servizi formativi pubblici sarà di oltre 200mila unità, pari all’83,7% dei fabbisogni del settore; tale quota scende al 79,4% per i Servizi generali della pubblica Amministrazione (240mila unità) e al 76,2% per la Sanità, assistenza sociale e servizi sanitari pubblici (145mila unità).

 

Nei concorsi dell’ultimo biennio si è registrato un innalzamento della formazione richiesta per accedere ai concorsi: oltre il 78% delle procedure concorsuali bandite nel 2021 e nel primo semestre del 2022 ha previsto come titolo di studio di accesso un titolo universitario, nello specifico, il 56,7% un titolo di laurea di primo livello e il 21,4% di secondo livello.

 

In vista della crescente necessità da parte delle amministrazioni pubbliche di personale qualificato, si prevede anche per il prossimo quinquennio un’incidenza elevata degli ingressi di dipendenti laureati.

 

Anche nella PA si deve considerare il rischio mismatch: da una parte lo sblocco del turnover e la semplificazione delle procedure di assunzione hanno ampliato rispetto agli anni passati i posti messi a concorso (si prevedono circa 170mila assunzioni nel 2023 da parte di diverse amministrazioni), dall’altra parte si osserva una difficoltà nel coprire la totalità dei fabbisogni.

 

I dati di Formez mostrano per il 2021 il 19,9% dei posti vacanti e il 10,1% nel 2022, evidenziando una maggiore difficoltà a coprire il fabbisogno di profili professionali tecnici o particolarmente specializzati o emergenti, che già dalle prove iniziali registrano un abbattimento della partecipazione rispetto alle candidature (sotto al 30% dei convocati per statistici, informatici, ingegneri e architetti), che porta a 7 posti scoperti su 10 nel caso di ricerca di ingegneri o architetti. In parallelo, emerge il fenomeno delle rinunce dovuto per lo più alla partecipazione dei candidati a più concorsi e alla preferenza per i contratti a tempo indeterminato.

 

Considerato che gran parte dei profili richiesti dai bandi collegati al PNRR sono altamente specialistici e che i contratti previsti sono in molti casi a tempo determinato, gli esiti di tali concorsi non sono stati soddisfacenti. Quindi, emergono difficoltà da parte del comparto pubblico nel reperire risorse qualificate.

 

Report previsivo 2023-27

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Ufficio comunicazione UILPA

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