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Sandro Colombi (Uilpa). Avviare il confronto col governo per un accordo nazionale sullo smart working

 Al centro del programma del nuovo governo ci sarà la pubblica amministrazione dato il ruolo determinante che avrà nella gestione dei programmi di spesa collegati alle risorse in arrivo dall’Europa.

Tuttavia, oggi il problema più grande della p.a. è un’organizzazione del lavoro antiquata per la quale la logica dell’adempimento formale prevale sulla cultura della programmazione e del risultato.

Paradossalmente il simbolo vivente di questa distorsione è rappresentato dal lavoro agile (smart working). Il quale in teoria avrebbe dovuto fare piazza pulita di modalità gestionali superate da tempo. Invece la vecchia mentalità basata sulla rigida gerarchia, le lungaggini burocratiche e la mania del controllo si insinua anche nel lavoro a distanza.

Attualmente ogni amministrazione detta le regole in modo unilaterale, senza passare attraverso la contrattazione decentrata. In alcuni casi si arriva a obbligare il dipendente in smart working a timbrare da remoto l’entrata e l’uscita in servizio. L’esatto contrario della filosofia dello smart working, che si fonda sui principi di autonomia, responsabilità e raggiungimento dei risultati indipendentemente dal luogo e dal tradizionale orario di lavoro in presenza.

La permanenza della mentalità da padrone del vapore è dovuta principalmente al fatto che a quasi un anno dall’inizio dello smart working di massa nella p.a. non esiste un quadro di regole condivise con le rappresentanze sindacali nazionali alle quali tutte le amministrazioni siano tenute ad uniformarsi.

Occorre pertanto aprire subito un tavolo di confronto con il governo al fine di sottoscrivere un accordo nazionale quadro sullo smart working. Accordo in cui sia prevista la definizione dei criteri di ripartizione delle risorse ex comma 870 dell’ultima legge di bilancio (che riportiamo qui sotto, di seguito al comunicato), concernenti la quantificazione e l’utilizzo dei risparmi di gestione conseguiti nel 2020.

L’organizzazione del lavoro va riportata sotto l’egida della contrattazione nazionale e, soprattutto, decentrata.

Sandro Colombi, Segretario generale Uilpa

Roma, 17 febbraio 2021

 

 

LEGGE 30 dicembre 2020, n. 178 Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023.

EX COMMA 870: In considerazione del periodo di emergenza epidemiologica da COVID-19, le risorse destinate, nel rispetto dell’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, a remunerare le prestazioni di lavoro straordinario del personale civile delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non utilizzate nel corso del 2020, nonche’ i risparmi derivanti dai buoni pasto non erogati nel medesimo
esercizio, previa certificazione da parte dei competenti organi di controllo, possono finanziare nell’anno successivo, nell’ambito della contrattazione integrativa, in deroga al citato articolo 23, comma 2, i trattamenti economici accessori correlati alla performance e alle condizioni di lavoro, ovvero agli istituti del welfare integrativo. Per i Ministeri le predette somme sono conservate nel conto dei residui per essere versate all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnate ai pertinenti capitoli di spesa. Agli oneri derivanti dal presente comma, pari a 44,53 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189.

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