Pubblicato postumo nel 1920, a cura di Giuseppe Antonio Borgese, Ricordi di un giovane impiegato conosce una prima stesura risalente al 1910. Scritto sotto forma di diario, la narrazione vede il ventenne Leopoldo Gradi lasciare Firenze e la numerosa famiglia dotata di poveri mezzi di sostentamento, per impiegarsi nelle ferrovie presso la stazione di Pontedera. Leopoldo lascia anche una ragazza, Attilia, di cui è innamorato, un amore però avversato sia dal padre del giovane che dalla madre, quest’ultima ostile alla ragazza poiché gelosa del figlio. A Pontedera, Leopoldo vive in un ambiente lavorativo particolarmente ostile. Egli, chiuso in sé stesso, preso nelle sue fantasticherie e poco avvezzo agli aspetti pratici dell’esistenza, fatica a inserirsi e a farsi benvolere da colleghi e superiori. In questo clima, che tocca vertici di autentica paranoia, Leopoldo trova conforto nel paesaggio e nelle lettere che scrive alla fidanzata. La visione della vita che emerge dalle pagine è improntata a un pessimismo assoluto: la violenza e il male dominano i rapporti fra gli uomini e il lavoro appare una necessità che spegne ogni proposito di vita piena e autentica. L’esistenza di Leopoldo, contraddistinta dal deserto affettivo e da una fredda solitudine, pare senza sbocchi.