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Rapporto ONU sulla felicità. Crollo italiano: anziani più felici dei giovani

Cosa sia la felicità nessuno lo sa con precisione. Infatti non esiste una definizione universalmente accettata. Al più si può parlare di condizioni sociali che contengono l’infelicità. Così va letto il Rapporto dell’ONU intitolato “Sustainable Development Solutions Network” e pubblicato il 20 marzo scorso, in occasione della Giornata mondiale della felicità. In tale Rapporto è analizzato il livello di felicità nella percezione degli abitanti di più di 140 nazioni e viene addirittura stilata una classifica secondo le diverse fasce d’età e generazioni.

 

Il gradino più alto del podio va alla Finlandia che si è riconfermata per il settimo anno consecutivo come il paese più felice. Seguono la Danimarca e l’Islanda.

 

L’Italia, pur essendo stato il primo Paese a introdurre nella programmazione economica gli Indicatori BES (Benessere Equo e Sostenibile), si colloca al 41° posto, preceduta da Malta e seguita dal Guatemala. Un crollo di otto posizioni che evidenzia il difficile periodo del Paese. Si tratta di una discesa che prosegue da qualche anno: nel 2021 l’Italia era ventottesima, nel 2022 trentunesima, nel 2023 trentatreesima.

 

Il Rapporto dell’ONU non rivela cosa esattamente abbia causato il declino progressivo della felicità, ma gli autori hanno identificato una serie di fattori chiave che generalmente rendono le persone più felici come: il sostegno sociale, il reddito, la libertà, l’aspettativa di vita in buona salute e l’assenza di corruzione. Come si vede alcuni di questi indicatori sono assai vaghi: su cosa voglia dire essere liberi si discute da secoli senza venirne a capo: si è liberi sempre dentro un sistema di regole, ma chi ha il potere di determinare le regole di solito lo fa nel suo interesse.

 

Comunque sia è chiaro che il costante peggioramento della situazione socio-economica del nostro paese non può che aumentare i livelli di infelicità. Uno degli indicatori del Rapporto Onu è il reddito: ma in Italia in tanti non arrivano a fine mese anche se hanno un lavoro fisso. Per non parlare del precariato di massa, che travolge i giovani e impedisce loro di costruire una famiglia. È ovvio che in queste condizioni la percezione della felicità crolla.

 

Tanto è così che, confrontando le generazioni, i giovani sono meno felici degli anziani. I nati prima del 1965 sono, in media, più felici di quelli nati dal 1980. Tra i Millennials, quelli nati tra gli anni Ottanta e il 1995, la valutazione della propria vita diminuisce con ogni anno di età, mentre tra i Boomers, i nati a cavallo tra il secondo e il terzo millennio, aumenta. In poche parole gli anziani sono più felici dei giovani. Un capolavoro realizzato dai governi che si sono piegati alle politiche neoliberiste e alle sue mitologie.

 

Luca Colafrancesco

 

Roma, 4 aprile 2024

 

Rapporto felicità ONU

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