Nel 2022 in Italia sono stati 326 gli atti intimidatori, di minaccia e violenza contro sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali, dipendenti della Pubblica Amministrazione. Due casi su tre si sono verificati al Sud e sulle isole (il 66% del totale). In testa la Sicilia con 50 casi censiti, seguono la Campania (49), la Puglia (48) e la Calabria (42). Il diciotto per cento del totale degli episodi ha riguardato le donne, amministratrici e dipendenti della PA con minacce dirette e indirette.
È quanto emerge dal Rapporto 2022 Amministratori Sotto Tiro realizzato da Avviso Pubblico , la rete antimafia di Enti locali e Regioni, presentato lunedì 26 giugno a Roma, presso la sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana.
Il trend è in calo rispetto all’anno passato: meno venticinque per cento rispetto al 2021 che aveva raggiunto 438 casi di avvertimenti e aggressioni. I numeri sembrano riportare le lancette dell’orologio a prima dello scoppio della pandemia, periodo in cui le tensioni sociali hanno scatenato un numero più elevato di intimidazioni. Ma i dati sono soltanto apparentemente confortanti. Fare il sindaco era, e resta, un lavoro difficile e talvolta pericoloso. Ce lo dicono i tanti casi di aggressione, come quello dell’ex sindaco di Roccabernarda (Crotone), Francesco Coco, pestato brutalmente mentre rientrava a casa; oppure le minacce di morte e le buste di proiettili nella cassetta delle lettere.
«Il calo delle intimidazioni di questi ultimi anni può rappresentare un segnale positivo – spiega il Presidente di Avviso Pubblico, Roberto Montà -, ma non possiamo permetterci di abbassare la guardia. Come emerge dall’analisi dei dati presenti nel Rapporto, è necessario osservare questa tendenza con estrema cautela. Sia in relazione alle intimidazioni che non sono di dominio pubblico – e, dunque, non sono state censite in questo Rapporto – sia rispetto alle minacce subite, ma non denunciate, da amministratori locali e dirigenti degli Enti locali. La cosiddetta “cifra oscura”». Ovvero i casi passati sotto silenzio o che vengono alla luce a distanza di tempo come risultato di indagini.
«La prima chiave nella lotta contro mafie e corruzione è una buona pubblica amministrazione. Per questo bisogna sostenere i servitori dello Stato che subiscono minacce proprio perché fanno il proprio dovere. E denunciare invece chi tradisce lo Stato – ha dichiarato il Presidente della FNSI, Vittorio Di Trapani – Per questo è decisivo il ruolo dell’informazione, che per svolgere la sua funzione di controllo però ha bisogno di essere liberata dai bavagli come querele temerarie e restrizioni sulle intercettazioni».
«La diminuzione delle minacce è “sicuramente un successo del nostro sistema della sicurezza, anche se ci sono elementi preoccupanti perché la stragrande maggioranza delle segnalazioni raccolte da Avviso Pubblico viene dal Sud e dalle Isole. Come giornalista d’inchiesta – spiega Floriana Bulfon, autrice del libro “Macro Mafia” (Rizzoli, 2023) – mi domando quanto questa statistica indiscutibilmente positiva sia frutto dell’attività di contrasto e quanto invece sia sintomo di una pax mafiosa, dettata dalla volontà di non provocare attenzioni nel momento in cui cominciano a piovere sul territorio i miliardi del Pnrr».
Ad essere coinvolti nella maggior parte dei casi sono i comuni al di sotto dei ventimila abitanti. E una minaccia su quattro non ha matrice criminale: sono comuni cittadini che sfogano il proprio dissenso rispetto a scelte amministrative sgradite con modalità violente e intimidatorie. «Ancorché in calo il fenomeno resta presente, molto violento ed estremamente sfaccettato – dice Claudio Forleo, Responsabile dell’Osservatorio parlamentare di Avviso Pubblico che ha redatto il report –. Nell’Agrigentino e nella città di Gela sembra ci sia in atto una vera offensiva contro gli amministratori locali. Così come in Calabria, nel salernitano e nel leccese. Si conferma un altro dato: laddove vi è stato uno scioglimento per mafia, le minacce contro gli amministratori locali sono più evidenti».
Il Rapporto quest’anno si arricchisce di una sezione speciale sui casi di violenza politica internazionale. A realizzarlo ACLED (Armed Conflict Location & Event Data), che raccoglie informazioni su date, attori, luoghi, vittime e tipologie di tutti gli eventi di violenza politica nel mondo. «Gli atti di violenza e intimidazione contro gli amministratori locali sono un fenomeno diffuso a livello mondiale. Tra i maggiori fattori di rischio vi sono la presenza di conflitti armati e dispute territoriali, la proliferazione di gruppi armati in competizioni elettorali e l’incidenza di fenomeni criminali e corruttivi a livello locale». A dirlo è Andrea Carboni, direttore analisi di ACLED.
«Tra il 2020 e il 2022, l’Italia registra circa il 75% di tutti gli atti di violenza e intimidazione dell’Unione Europea. Anche a fronte di una possibile maggiore sensibilità da parte dei media nei confronti di queste azioni, il dato italiano rappresenta un’anomalia a livello continentale – spiega ancora Andrea Carboni –. Tra i paesi dove nel 2022 gli amministratori locali sono stati più a rischio di finire vittima di atti di violenza vi è l’Ucraina. Sono infatti oltre cento gli amministratori locali che sono stati uccisi o rapiti a seguito dell’invasione russa del febbraio 2022».
Il report si chiude, infine, con un’analisi delle violenze perpetrate a danno di giornalisti, con un totale di 518 eventi. In aumento rispetto ai 462 del 2021. Ad essere interessati sono 78 Paesi con in testa il Messico (46 eventi), il Bangladesh (46) e l’Afghanistan (38). Secondo il Committee for the Protection of Journalists, sono 67 i giornalisti morti a seguito di violenze nel 2022. Quindici di loro sono morti in Ucraina, seguita dal Messico con tredici vittime e Haiti con sette.
«Sul fronte della libertà di stampa – conclude Floriana Bulfon, commentando i dati sulle violenze contro i giornalisti – , il confronto con i dati del resto del mondo conferma quanto i cronisti italiani possano contare sulla protezione fisica delle forze dell’ordine, mentre resta un’anomalia la possibilità nel nostro Paese di avviare azioni legali penali e civili vessatorie contro i cronisti e assistiamo con timore ai nuovi disegni di legge per ridurre la possibilità di consultare e pubblicare atti giudiziari».