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Paternità. Dipendenti pubblici discriminati e dimenticati

Nella nostra società diventare genitori è spesso un sogno ad occhi aperti. Un progetto di vita che per molte persone, oggi sempre di più, si avvera intorno ai 40 anni. Una coppia che desidera un progetto genitoriale lavora per raggiungere il proprio benessere e quello della sua famiglia. La sicurezza economica e la realizzazione professionale sono certezze che si cerca di raggiungere prima di mettere al mondo un figlio. Oggi sempre più spesso i giovani per raggiungere questi obiettivi devono spostarsi dalla loro città, allontanarsi dalle loro famiglie e affrontare la costituzione di una famiglia nucleare.

Questa triangolazione madre-padre-figli crea faticosi problemi di accudimento che ricadono su entrambi i genitori in assenza di nonni o parenti. Questo ha fatto sì che i papà scoprissero le gioie e le preoccupazioni, i limiti individuali e professionali che comporta il lungo e continuo apprendistato per imparare ad essere genitori, capaci di prendersi cura e di rispondere in modo adeguato ai bisogni dei figli.

La nascita di un figlio così come il primo incontro con il figlio adottato o affidato rappresentano eventi unici che comportano una tempesta di emozioni, dubbi, problemi, felicità e preoccupazioni. Fin dai primi momenti di vita insieme un figlio ha diritto alla cura di entrambi i genitori non solo per i bisogni fisici ma anche per quelli affettivi ed educativi.

Rispetto al passato c’è stato un rovesciamento di prospettiva in attuazione del principio costituzionale del “prevalente interesse del minore” che ha portato il legislatore a contemplare misure di tutela tese a una sempre maggiore equità dei ruoli e delle responsabilità sia del padre che della madre ma anche a una continua ricerca volta alla migliore conciliazione tra i tempi di vita familiare e di vita lavorativa dei genitori.

L’evoluzione normativa in materia di sostegno alla maternità e alla paternità, infatti, ha visto nel tempo diversi interventi del legislatore riconducibili alla legge n. 903/1977 (Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro) e della giurisprudenza recepiti nel D.lgs 151/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) disciplinando i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità e alla paternità.

Con la legge n. 92/2012 e precisamente con l’articolo 4, c. 24 lett.a) il legislatore è nuovamente intervenuto introducendo, in via sperimentale, il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente per 1 giorno, poi aumentato a 2 con l’articolo 1, c. 205, con la legge n. 208/2015 (legge di stabilità del 2016), con l’intento di condividere maggiormente il compito genitoriale. In seguito tali giorni sono stati ulteriormente elevati, fino a diventare 10 con l’articolo 1, c. 363, lettera a) della legge n. 178/2020 (legge di bilancio 2021).

Oggi i neo papà hanno l’obbligo, non la facoltà, di astenersi dal lavoro per 10 giorni in occasione della nascita di un figlio. Tali giornate sono interamente retribuite e vanno godute entro i primi cinque mesi di vita del bambino. Purtroppo tale congedo è attualmente operativo solo per i dipendenti privati, perché manca per i dipendenti pubblici il relativo provvedimento attuativo previsto dall’art. 1, c.8, della L. 92/2012 che ne subordina l’operatività all’approvazione del Ministro per la Pubblica Amministrazione e della semplificazione.

In seguito anche il Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha chiarito che il Ministro per la Pubblica Amministrazione dovrà approvare una norma che individui e definisca gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina. Mentre il mondo del lavoro privato italiano si confronta già con gli standard europei i lavoratori pubblici sono in attesa di questo provvedimento dal 2012.

Speriamo che in questo storico momento di riforma e rinnovamento della pubblica amministrazione e con le previste assunzioni nella stessa di migliaia di giovani, il Ministro si ricordi di considerare i “dipendenti pubblici genitori al pari dei dipendenti privati”.

Adele Silvestri, Segreteria nazionale Uilpa

Roma, 5 maggio 2021