L’America Latina e Caraibi è una regione che, combinando Caraibi (13 Stati), Messico e America centrale (8 Stati, per brevità qui definiti ‘America centrale’, pur estendendosi il Messico soprattutto nell’America del nord) e America del sud (12 Stati), comprende 33 Stati, tra loro molto diversi dal punto di vista economico, politico, sociale, geografico, con una popolazione complessiva stimata pari a circa 660 milioni di abitanti a metà del 2023.
Brasile e Messico insieme raggiungono i 345 milioni di abitanti; le piccole isole caraibiche non raggiungono insieme i 100 mila abitanti, il che evidenzia il diverso peso demografico, cui è correlato anche un peso economico molto differenziato all’interno della regione: Brasile e Messico rappresentano, da soli, il 52,8 per cento del Prodotto interno lordo dell’intera regione (aggiungendo, poi, Argentina, Cile e Colombia si arriva a spiegare tre quarti del PIL regionale). Tutto ciò trova conferma anche sul piano politico internazionale, dal momento che il Brasile e il Messico, insieme all’Argentina, sono gli Stati della regione membri del G20, oltre al fatto che il Brasile è membro del gruppo dei BRICS (con Russia, India, Cina e Sudafrica) e, da solo, rappresenta il 45,1 per cento della spesa pubblica della regione destinato alla difesa.
Pur in presenza di una così forte eterogeneità tra i 33 Stati, l’approfondimento adotta una prospettiva regionale, cercando di evidenziare dinamiche e sfide comuni. In particolare sono approfonditi, con il supporto dei dati più aggiornati oggi disponibili e cercando di fornire dettagli – per quanto possibile – sulle specificità nazionali, nove aspetti chiave:
Il primo tema è il rallentamento della crescita economica, il cui andamento è aggravato dalla recessione globale causata dalla pandemia da COVID-19 e dalle pressioni inflazionistiche in molti Paesi. In ragione dell’inasprimento delle condizioni finanziarie globali, del conseguente rallentamento della crescita mondiale e del calo dei prezzi delle materie prime, con uno scarso spazio fiscale per stimolare la spesa, si prevede che la crescita economica della regione rallenti molti nell’immediato futuro, a fronte di preoccupazioni strategiche relative alla marginalizzazione nel quadro della divisione internazionale delle specializzazioni produttive e di un processo di deindustrializzazione prematuro.
Il secondo tema è la quota elevata di occupazione nel settore informale nella regione, che interessa circa 130 milioni di lavoratori, ovvero quasi la metà dell’occupazione non agricola. La sua incidenza varia tra i Paesi, i settori e i gruppi di popolazione della regione, ma è un fenomeno dominante. I lavoratori del settore informale sono, in genere, privi di forme di protezione sociale e di tutela dei diritti del lavoro e spesso ricevono bassi salari, lavorano in condizioni di lavoro non dignitose e hanno bassa produttività. La pandemia prima e l’elevata inflazione poi hanno aggravato la situazione in un contesto in cui i governi hanno limitata libertà di manovra fiscale per adottare politiche per sostenere e creare posti di lavoro migliori e più numerosi, soprattutto nel settore ‘formale’.
Correlato ai due precedenti, il terzo tema è quello della povertà e della disuguaglianza, fenomeni che si sono aggravati a seguito della contrazione economica regionale nel 2020 – secondo le stime dell’FMI, del 7 per cento –, oltre ad essere fenomeni già particolarmente gravi considerando che la regione ha tradizionalmente livelli di disuguaglianza di reddito tra i più alti al mondo. La Commissione economica delle Nazioni Unite per l’America Latina e i Caraibi stimò che 17 milioni di persone in America Latina si aggiunsero a quelle già in povertà nel 2020. Nonostante la ripresa economica nel 2021 e 2022, la povertà è diminuita solo leggermente sia nel 2021 che nel 2022, cosicché la situazione è migliorata ma non abbastanza da invertire completamente la tendenza degli effetti negativi dovuti alla pandemia. La regione registra, così, un forte divario tra ricchi e poveri, aumentato durante la pandemia e che colpisce milioni di persone, soprattutto donne, popolazioni indigene, popolazioni migranti e afro-discendenti.
Il quarto tema è la vulnerabilità dei sistemi sanitari nazionali, segnati in particolare dall’emergenza pandemica degli ultimi anni legata al COVID-19 e dai suoi contraccolpi, a fronte di una situazione strutturale di molti sistemi sotto-finanziati e che faticano a soddisfare i bisogni della popolazione. Il dato più emblematico da segnalare è che, sommando il 2020 e il 2021, ci sono stati 2,3 milioni di decessi in eccesso stimati nella regione, pari al 15 per cento dei decessi in eccesso a livello mondiale in una regione che ha l’8,5 per cento della popolazione mondiale. La regione, dunque, è stata colpita in termini di decessi conseguenti alla pandemia mediamente più del resto del mondo. Né i dati – peraltro lacunosi – sulle condizioni della qualità dell’assistenza sanitaria in generale, con riferimento alle principali patologie, sono confortanti.
Il quinto tema è quello delle conseguenze politiche della drammatica situazione determinata dalla pandemia, in termini di movimenti di protesta, ma anche esisti elettorali che, nel corso dell’ultimo triennio, hanno sancito per la maggior parte la sconfitta dei governi e presidenti al potere favorendo, al contempo, il successo di spinte populiste e di pulsioni autoritarie, oltre che di una cosiddetta nuova ‘marea rosa’ che ha portato al potere governi di schieramento ‘progressista’ nelle cinque maggiori economie della regione (in termini di PIL), oltre che in Bolivia e in Cile. Il quadro politico risulta frammentato e polarizzato, con rischi di disordini sociali legati a disuguaglianze elevate, radicalizzazione e instabilità politica, corruzione, debolezza delle istituzioni, alti livelli di criminalità e violenza (tra cui criminalità organizzata, traffico di droga e violenza delle bande criminali) che minano i processi di democratizzazione ed erodono la fiducia dei cittadini. Di alcuni Stati si dà un breve resoconto degli sviluppi politici più recenti.
Il sesto tema è un argomento di cui si parla molto oggi in Europa nel quadro della guerra in Ucraina, ovvero lo stato delle forze armate e degli investimenti per la difesa. L’argomento ha un’importanza strategica duplice, interna e internazionale. Sul piano interno, i programmi adottati da quaranta anni di contrasto alla criminalità e alle attività illecite in tutta la regione hanno alimentato un clima di insicurezza pubblica e violenza, che si è combinato con il tema della sicurezza nazionale, determinando in vari casi un ricorso interno alle forze armate e alla militarizzazione delle forze di polizia. Sul piano internazionale, nel contesto attuale di radicalizzazione del confronto geopolitico che contrappone Stati Uniti a Russia e Cina, la regione ha un ruolo importante per le grandi potenze anche da un punto di vista strategico-militare. Il Brasile si conferma, di gran lunga, la prima potenza militare della regione.
Il settimo tema è quello della sfida della sostenibilità ambientale e dei cambiamenti climatici, trattandosi di una regione che ospita alcune delle zone del mondo più diversificate dal punto di vista ecologico, ma è anche altamente vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici, tra cui l’aumento della frequenza e della gravità dei disastri naturali, nonché alla perdita di biodiversità e di produttività agricola, dovendo fronteggiare problemi come la deforestazione, l’inquinamento e la scarsità d’acqua. La rassegna dei Piani volontari nei 33 Stati della regione di contributi determinati a livello nazionale, che evidenziano l’impegno delle azioni di adattamento e mitigazione rispetto ai cambiamenti climatici, evidenzia come gli sforzi possano essere molto rafforzati per contribuire in modo significativo ad onorare gli impegni assunti in ambito internazionale. La novità è sicuramente rappresentata dalla nuova presidenza brasiliana che si ripromette di invertire la rotta rispetto al disimpegno politica sul tema della presidenza precedente.
Ottavo tema è il difficile processo di integrazione a livello regionale che i crescenti flussi migratori intra-regionali sollecitano, nonostante il rafforzamento dell’integrazione e della cooperazione regionale tra i Paesi latinoamericani e caraibici sia da tempo considerato importante per affrontare le sfide comuni, sfruttare le economie di scala e promuovere lo sviluppo e la pace. Gran parte delle migrazioni avvengono oggi tra Paesi all’interno della regione e ciò segna un cambiamento significativo rispetto a qualche anno fa, quando i movimenti riguardavano principalmente le persone che andavano fuori dalla regione, di solito dirette negli Stati Uniti o – molto meno – in Canada e in Europa (aree da cui provengono ancora oggi gran parte dei flussi di rimesse). Negli ultimi anni, le migrazioni internazionali si sono così imposte come uno dei motivi principali di tensioni e frizioni politiche e il diverso approccio che i Paesi della regione hanno adottato nei confronti del fenomeno e nelle politiche di accoglienza per migranti ‘volontari’ e/o ‘forzati’ ha portato a disaccordi su come affrontare la sfida comune, ma anche alla costituzione di nuovi accordi, che si collegano alla fitta trama dei processi di integrazione economico-commerciale, che continuano a mostrare i limiti dovuti a diffidenze reciproche e a un eccesso di frammentazione.
Infine, nono e ultimo tema presentato nell’approfondimento sono le nuove alleanze geopolitiche a livello globale, in particolare approfondendo gli sviluppi che riguardano tre global player che si confrontano, in termini più di competizione che di cooperazione, nello scacchiere regionale: Stati Uniti (tradizionale monopolista sul piano politico, economico e militare), Cina (il cui commercio con la regione è cresciuto di 26 volte tra il 2000 e il 2020, importando soprattutto materie prime e prodotti agroalimentari, diventando così il secondo partner commerciale per tutta la regione e un’importante fonte di investimenti diretti esteri) ed Unione Europea (che finora ha guardato al partenariato strategico basato su valori, storia e cultura condivisi, nonché su solidi legami economici e interessi comuni, come una prospettiva più che come priorità politica e conseguenze concreta attuazione, incapace di imporre una visione e strategia unitaria, lasciando spazio soprattutto alla Spagna per tutelare i propri interessi). Si tratta di un’evoluzione in trasformazione, da cui anche l’Italia può trarre indicazioni per una politica estera attenta a cogliere opportunità per interessi strategici (economici, politici e culturali).