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Criticità dei giudici in politica

Un “caso Maresca” a Napoli ripropone oggi un tema del quale mi sono occupato in passato: può un politico proveniente dalla magistratura tornare a fare il giudice dopo avere fatto il politico? Nel caso in specie poi: può un capogruppo nel consiglio comunale di Napoli fare contemporaneamente il giudice a Campobasso?

Io ho sempre ritenuto di no. Anni fa ho fatto parte di una commissione nominata da Andrea Orlando e presieduta da Vietti sull’ordinamento giudiziario e ho proposto con il presidente Gioacchino Natoli (un grande magistrato ora in pensione), che i magistrati “reduci” dalla politica dovessero tornare sì come è diritto di tutti alla vecchia professione ma in posizioni neutre.
Noi proponevamo allora ad esempio di collocarli a pari stipendio nel Ministero settore amministrativo o nella Avvocatura dello Stato, cioè di non restituirli alle funzioni giudicanti. Perché queste esigono la neutralità politica più assoluta . E non basta essere neutrali e indipendenti: bisogna anche apparirlo.

Ci si rispose allora che esisteva una norma sul trasferimento in altra circoscrizione di questi “reduci”. Francamente è una foglia di fico, perché oggi gli interessi con cui ha a che fare un magistrato, sia un pm o un giudice, non conoscono confini geografici. Viviamo nella società globale.

Dunque questo Maresca,che sarà certo il più indipendente dei giudici del mondo, giudicherà a Campobasso: auguriamoci che i cittadini di quel distretto non abbiano mai a sospettare in lui una parzialità dovuta alla sua militanza politica napoletana. Perché ne verrebbe compromesso un bene supremo, che è la fiducia del cittadino nel suo giudice.

Peggio: leggo su Repubblica di oggi che la riforma Cartabia confermerà probabilmente la regola vigente. Il che, lo dico con amarezza perché conosco e stimo Marta Cartabia da tanti anni, è un pericolosissimo errore.

Errare è umano, perseverare può essere diabolico.

Prof. Guido Melis

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