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Massimo Severo Giannini e “l’umorismo prefettizio”: decreti di annullamento che offendono il diritto e il buon senso

di Guido Melis

 

È l’anno 1950. All’indomani degli eccidi di Modena, dove la forza pubblica aveva sparato sui dimostranti scesi in lotta per il loro salario, Massimo Severo Giannini scrive sulla rivista dell’Anci uno sferzante articolo contro i decreti prefettizi che inibiscono ai Comuni di esprimersi su quei fatti. L’incipit, che qui si riporta, è in stile prettamente “gianniniano”, permeato della ironia graffiante che era tipica di questo grandissimo giurista. Il seguito (per il quale si rimanda alla fonte) sarà una puntuale contestazione sulla illegittimità di quei decreti. “I Consigli comunali – queste le parole finali dell’articolo – seguitino a deliberare e a formulare tutti i voti che credono; ed anzi annotino pure nel registro delle deliberazioni comunali gli annullamenti prefettizi. E ciò perché resti documentato, a chi ci seguirà, a quali ridicoli incredibili aberrazioni si sarà giunti in questo periodo da parte degli organi di governo. Aberrazioni che offendono l’intelligenza, la logica, la legge, lo stesso buon senso”.

 

Mi capitò di mostrare ad un collega inglese dei decreti prefettizi che “annullavano” delibere di Consigli comunali di protesta per l’eccidio di Modena. Egli considerò dapprima la cosa come un documento etnologico: vorrei dire con quello stesso spirito col quale noi considereremmo un decreto di un capo tribù sulla Festa sacra delle noci di cocco. Cercai di protestare, facendogli intendere che non mi pareva poi molto giusto quel tono divertito e distaccato della sua valutazione, perché in fondo la colpa era del sistema più che dei prefetti, e che quanto a sistemi non è che da loro fosse tutto meraviglie; mi citò allora due versi di un sonetto di Shakespeare, il cui senso è che tutti gli uomini fanno errori, ed era proprio un errore quello mio di cercare di legittimare una colpa adducendo comparazioni. Poi facemmo ancora delle altre considerazioni, ed alla fine egli mi citò altri due versi, il cui senso è che si può impedire ai pensieri di uscire per il mondo, ma se essi sono usciti neppure Iddio può più cancellarli.

 

Malgrado l’inaspettato ausilio poetico trovato, mi allontanai pensieroso, perché quell’incontro, così dissimile da quello che avrei potuto avere con un giurista patrio, mi aveva fatto scorgere che in fondo la questione non stava tanto nella illegittimità di quei decreti, quanto nel loro essere manifestazione di profonda idiozia.

 

Massimo Severo Giannini, Per la storia dell’umorismo prefettizio, in “Il Comune democratico”, 1950, ora in Id., ScrittiIII 1949-1954, Milano, Giuffrè, 2003, pp. 285-286.

Link: https://www.irpa.eu/massimo-severo-giannini-e-lumorismo-prefettizio-decreti-di-annullamento-che-offendono-il-diritto-e-il-buon-senso/

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