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L’inflazione allarga il gap stipendiale
tra pubblico e privato

Secondo le elaborazioni Istat sulle retribuzioni contrattuali nel secondo trimestre 2023 il settore che ha beneficiato maggiormente dell’aumento dell’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a giugno scorso è stato quello dei lavoratori della P.A. con il 4,4% rispetto all’1,6% dei servizi privati.

 

Tuttavia, se si analizzano i dati più da vicino risulta evidente che si devono considerare altri fattori determinanti come l’inflazione.

 

Infatti, per i dipendenti dello Stato la coperta degli aumenti è troppo corta e da sola non basta a proteggerli dall’inflazione. Tra il 2013 e il 2022 le retribuzioni nella P.A. sono cresciute del 6,1%, contro un’inflazione superiore al 13%. Il rincaro dei prezzi ha quindi più che doppiato gli aumenti.

 

Discorso diverso nel privato, dove sempre tra il 2013 e il 2022 si sono registrati incrementi ben più sostanziosi: per esempio nell’industria sono stati superiori al 13%, mentre nei servizi hanno rasentato il 10%.

 

Al contrario di ciò che sostengono alcune testate giornalistiche, che forse non hanno letto con attenzione i dati Istat, il divario retributivo tra pubblico e privato si è allargato.

 

Questo può essere spiegato dal fatto che il settore industriale riesce a non risentire troppo all’inflazione grazie a un articolato, evoluto e, soprattutto, vivo sistema contrattuale. Situazione opposta per i lavoratori della P.A. per i quali l’inflazione annulla completamente i benefici degli incrementi stipendiali.

 

I motivi sono due: primo, le amministrazioni pubbliche sono vincolate a livello nazionale dai limiti agli stanziamenti decisi dal governo; secondo, la contrattazione decentrata nella Pubblica Amministrazione è ingessata da un eccesso di vincoli normativi e, soprattutto, non può contare sugli strumenti di sostegno fiscale che la legge ha previsto da anni per il settore privato.

 

Prova di ciò è la vanificazione dei benefici del contratto 2019-21 che non superano l’inflazione nemmeno sommando loro il taglio del cuneo del 3% e del 2%, e l’emolumento una tantum per i dipendenti pubblici, che corrisponde a un incremento dell’1,5% dello stipendio.

 

Dunque, la P.A. ha assoluta necessità di affrontare la questione dei rinnovi contrattuali per il triennio 2022-2024, dove, per recuperare terreno sul privato, bisognerà attuare diverse misure fondamentali.

 

Tra le quali: estendere la defiscalizzazione del salario di produttività anche al settore pubblico; detassare gli incrementi derivanti dai rinnovi contrattuali; dare più slancio alla contrattazione decentrata rimuovendo i tetti di spesa imposti per legge; e, integrare i fondi per la produttività con le risorse che è possibile recuperare all’interno dei bilanci delle amministrazioni.

 

Roma, 10 settembre 2023

 

Per approfondimenti clicca qui: Contratti collettivi e retribuzioni contrattuali – Aprile-giugno 2023