Alla fine del suo secondo anno alla guida della Uilpa, Sandro Colombi traccia un bilancio della propria Organizzazione in cui fa il punto dei risultati raggiunti e traccia la rotta per i prossimi mesi.
Partiamo con una domanda secca: qual è lo stato di salute della sua organizzazione?
Direi più che soddisfacente. Siamo una categoria viva, guidata da un gruppo dirigente all’altezza delle sfide che la situazione del Paese e quella della P.A. in particolare ci mettono di fronte. Mai come oggi la UILPA si caratterizza per essere un’organizzazione proiettata verso il futuro. Abbiamo chiuso un rinnovo contrattuale importante, direi storico, perché è destinato a cambiare molti aspetti dell’organizzazione del lavoro nei nostri uffici. Ma soprattutto, abbiamo affrontato una stagione congressuale improntata al rinnovamento interno. Abbiamo cambiato molti quadri dirigenti ai vari livelli dell’organizzazione.
Date le nuove assunzioni nel pubblico impiego la Uilpa ha pensato alle nuove generazioni di sindacalisti?
Certamente. Infatti le nostre scelte sono orientate non tanto al presente, quanto al futuro e con il pensiero rivolto proprio alle nuove generazioni sindacali. Le quali saranno sempre più determinanti nella vita dell’organizzazione. Ai nuovi quadri e dirigenti sindacali noi vogliamo consegnare una UILPA forte, determinata e coraggiosa. Per questo ci siamo esposti con prese di posizione su temi scottanti, rispetto ai quali altri sindacati glissavano. E non abbiamo mai smesso di denunciare le storture e le incongruenze delle politiche governative verso il lavoro pubblico e la P.A., indipendentemente da chi fosse al governo.
Tuttavia il ricambio generazionale nelle amministrazioni centrali non sembra andare a gonfie vele.
È vero. Le amministrazioni centrali continuano a perdere dipendenti e ovviamente questo fenomeno si ripercuote sul numero di adesioni al sindacato. Altrettanto ovviamente noi ci batteremo con tutte le nostre forze affinché le Funzioni Centrali siano dotate di organici corrispondenti alla mole di lavoro che svolgono. Ciononostante, la UILPA mantiene saldamente le sue posizioni. È questo un impegno che non prendiamo solo io e la Segreteria nazionale, ma la Uilpa nella sua interezza e dunque tutti i quadri nazionali e territoriali.
Che idea si è fatto dal nuovo governo?
Sin dal suo insediamento il nuovo ministro della Pubblica Amministrazione ha rilasciato dichiarazioni interessanti sulla valorizzazione del personale, sull’importanza della Pubblica Amministrazione, sulla necessità di uscire dalla stanca retorica dei fannulloni tanto cara a chi lo ha preceduto. Ma alle parole debbono seguire i fatti. Intanto, malgrado la nostra richiesta di essere convocati, ad oggi non siamo riusciti ad avere nemmeno un incontro con il neoministro. Non è un buon segnale da parte sua. In quanto al governo i fatti per adesso sono questi: tagli alle risorse dei ministeri, mancato rinnovo del CCNL già scaduto e nuovo codice disciplinare che prevede una specie di censura social per i pubblici dipendenti. Se dunque dovessi attenermi ai fatti le risponderei che ho un’idea negativa del governo in carica. Ma voglio essere paziente e attendo di incontrare il neoministro per, come dire, vedere le carte. A quel punto sapremo quali sono le sue reali intenzioni.
Uso dei social network. Perché ritiene sbagliato che un dipendente pubblico sia obbligato al silenzio o a soli commenti positivi verso la propria amministrazione?
Perché si impedisce la critica, perché di fatto si mette il bavaglio ai cittadini-lavoratori, perché si limita maniera inaccettabile il diritto alla libertà d’opinione. E poi in base a quali criteri verrebbero giudicate le parole di un dipendente? È ovvio che si viaggia sul filo delle interpretazioni, il che si presta a ingerenze e abusi che speravamo ormai relegati nella discarica della storia italiana. Ma al di là della lesione di un diritto costituzionale, il Codice di comportamento che hanno intenzione di approvare aggiunge a tutte le altre forme di responsabilità che già gravano sui dipendenti pubblici anche la responsabilità mediatica. E tutto questo mentre giornalisti, politici, associazioni di industriali possono tranquillamente continuare a offendere, calunniare e perfino aggredire la P.A. e i suoi lavoratori. È un vero e proprio paradosso.
Si tratta di un paradosso che può ingenerare conseguenze pericolose?
Sì, per esempio quella di agevolare l’ulteriore assalto alle competenze e alle prerogative della macchina pubblica. Se chi lavora all’interno della P.A. non ha più la libertà di denunciarne le incongruenze, sarà più facile dall’esterno far leva sulle inefficienze, vere o presunte, dei servizi pubblici per continuare a portare avanti politiche che ne prevedono il progressivo smantellamento e il trasferimento nelle mani dei privati.
Non crede che la politica stia investendo nel miglioramento dell’efficienza della P.A. grazie alle risorse del PNRR?
Veramente oggi non si capisce se il PNRR sia ancora una priorità per questo governo o, perlomeno, se l’impianto del PNRR ereditato dal precedente governo venga considerato in grado di risolvere i problemi reali del Paese. Non vorrei che la politica inizi a pensare che il grande investimento del PNRR in favore della P.A. non garantisce il ritorno atteso in termini di miglioramento dell’efficienza delle strutture pubbliche, perché sino ad oggi ci avevano raccontato il contrario. Però il disegno di legge di bilancio va in tutt’altra direzione, il che lascia pensare che gli obiettivi in materia di Pubblica Amministrazione siano cambiati.
È favorevole al cosiddetto “bonus” in favore dei pubblici dipendenti?
Siamo sempre favorevoli a qualunque provvedimento in favore delle lavoratrici e dei lavoratori della P.A., ma vorrei capire se il miliardo di euro per il bonus è da considerare aggiuntivo alle risorse che saranno stanziate nelle prossime finanziarie per il rinnovo del CCNL o se verrà riassorbito con i prossimi aumenti. Anche su questo argomento attendiamo di parlare col governo e i suoi ministri.
È pur sempre un segnale positivo verso i dipendenti pubblici in un momento in cui le retribuzioni sono falcidiate dall’inflazione a causa della crisi economica causata dalla pandemia e dalla guerra. Non crede?
Temo che quando la guerra finirà, le conseguenze economiche si faranno sentire ancora per anni. Siamo in presenza di una guerra economica globale di cui le classi lavoratrici stanno pagando e pagheranno a lungo il prezzo. Basti vedere ciò che sta accadendo per i prezzi dei prodotti energetici, che trascinano verso l’alto l’inflazione su tutti gli altri prodotti. Qui non è questione di dare dei segnali ai dipendenti pubblici o alle altre categorie di lavoratori. La situazione è drammatica. Il potere d’acquisto dei salari sta crollando ai livelli di venti o trent’anni fa. Quello che noi chiediamo è una visione politica ed economica di largo respiro che produca non bonus una-tantum, ma soluzioni strutturali.
Soluzioni strutturali è un’espressione che si sente dire con una certa frequenza e il più delle volte chi la usa rimane poi nel vago. Lei ha delle proposte concrete?
Certamente, perché un sindacalista serio non rimane mai nel vago. Mi chiede delle proposte concrete? Eccole: estendere ai pubblici dipendenti la detassazione dei premi di produttività e prevedere per tutte le categorie del lavoro dipendente, pubbliche e private, un regime fiscale agevolato anche per le tredicesime e per gli incrementi contrattuali. Non sto inventando nulla: è la soluzione che la UIL propone da tempo. E che consentirebbe di incrementare la domanda interna generando un gettito fiscale aggiuntivo per lo Stato attraverso la tassazione sui consumi. Un circuito virtuoso che, in definitiva, finirebbe per avvantaggiare le finanze pubbliche. Perché questo è quel che succede quando si mette denaro nuovo nelle tasche dei lavoratori. Purtroppo questo logico e semplice ragionamento si scontra con la teoria economica oggi dominante in Italia e in Europa, secondo la quale aumentare le disponibilità economiche delle persone genera inflazione. E così si pensa di combattere la povertà non mettendo più soldi in tasca alle persone, ma aumentando la povertà. Mi pare che oggi più che mai sia vero il detto: l’economia è una cosa troppo importante per lasciarla in mano agli economisti.
Qual è un’altra battaglia che attende il sindacato nel 2023?
Applicare il CCNL in tutti i suoi aspetti, a cominciare dalla riforma dell’ordinamento professionale. Dobbiamo assolutamente evitare che il grande lavoro che abbiamo fatto per realizzare un contratto così completo e innovativo venga compromesso a causa delle intromissioni della politica. Bisogna respingere con forza i tentativi di stravolgere il senso delle riforme che abbiamo condiviso nel contratto collettivo nazionale. E la riforma dell’ordinamento professionale è proprio il terreno dove si gioca la partita decisiva in tal senso. Già sento qualche tecnocrate di lungo corso affermare che le decisioni sui nuovi profili professionali non spettano alla contrattazione, ma alla parte amministrativa. Non ci siamo proprio. Per noi vale quello che c’è scritto nel contratto nazionale e porteremo avanti questa posizione in tutte le amministrazioni del comparto.
Roma, 22 dicembre 2022
A cura dell’Ufficio comunicazione UIL Pubblica Amministrazione