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Le Mafie cambiano pelle

Le mafie cambiano pelle. Secondo Antonio Nicaso, saggista, docente universitario tra i massimi studiosi di mafie a livello internazionale, siamo in presenza della quarta rivoluzione delle organizzazioni mafiose.

Anche la criminalità organizzata evolve assieme al passar dei tempi, in una sorta di «metamorfosi additiva» del suo agire. Non smette, per questo, di intimidire, sfruttare e usare violenza. Non è una mafia senza vittime, anzi, ma i suoi modi di agire si sono trasformati.

La cifra delle organizzazioni criminali oggi sta maggiormente nello sfruttamento delle potenzialità della mobilità globale e dell’uso di tutte quelle tecnologie che rendono il mondo più connesso, vicino, prossimo. La loro capacità – non a caso Falcone definiva i mafiosi “menti raffinatissime” – sta nell’incunearsi nelle reti della finanza globale e nei mercati internazionali, purtroppo permeabili nonostante la presenza di presidi antiriciclaggio.

Le organizzazioni mafiose rappresentano “reti di reti” estremamente flessibili in contesti geopolitici diversi e in continuo cambiamento. Sono globalizzate, più che internazionalizzate; transnazionali, e abbandonano in parte una serie di attività malavitose ora giudicate poco redditizie (es. prostituzione, estorsione), per concentrare le azioni criminali nel traffico di droga, armi, organi di essere umani, scorie radioattive, rifiuti pericolosi, migranti. E lo fanno stringendo grosse alleanze secondo logiche di “geopolitica mafiosa”, spartendosi il losco business planetario.

Secondo Nicaso, il cambiamento storico delle mafie riguarda anche il loro rapporto con le categorie professionali nei mercati finanziari, creando quella “borghesia mafiosa” silenziosa, ma estremamente operativa, in una catena criminale che avvinghia economia e società ed in cui rimane difficile per gli inquirenti trovare in essa quelle “maglie rotte”, per poi distruggerle.

Le mafie diventano sempre più delle enormi holding del riciclaggio. “La quarta rivoluzione – prosegue Nicaso – ha modificato le strategie criminali, con l’utilizzo della criptofonia (apparecchi che usano software, grazie ai quali si riesce a controllare il flusso di informazioni e a garantire così un dialogo sicuro tra persone); dei mercati dark web (mercati online per traffici illeciti) e dei giochi d’azzardo online.

Pur se a fronte di questi cambiamenti radicali, comunque, e come sempre accaduto, i mafiosi continuano ad essere bisognosi di “riconoscimento”. Una sorta di labelling che implica un riconoscimento pubblico con attribuzione di caratteristiche stereotipate.

Questo fenomeno, ovviamente indirizzato anche alla ricerca di nuove leve per il crimine, nell’epoca dei social media si chiama cyberbanging.

Il concetto di cyberbanging, secondo una definizione di Vincenzo Musacchio, presidente e direttore scientifico dell’Osservatorio Antimafia del Molise, “si riferisce alla esibizione del potere criminale, al reclutamento di membri e in alcuni casi persino delle condotte dirette contro i loro nemici, sui social network”. Una sorta di vetrina per la criminalità, con l’obbiettivo di creare il mafioso di domani.

Internet, quindi, si presenta come uno spazio che le mafie tendono a “militarizzare” o utilizzare per i loro interessi, facendo anche leva sulla sua scarsa normazione. La rete è accessibile da ogni dove in maniera semplice; è veicolo di affari come di immagini che sono più eloquenti di mille discorsi.

Non di rado, in alcuni contesti dove lo Stato risulta debole, la mafia si comporta come delle vere e proprie autorità statali. Francesco Occhetta, in un articolo su Civiltà Cattolica (quaderno n. 3925) ci descrive le mafie internazionali, le quali “garantiscono” anche “servizi di difesa e sicurezza armata, procedure giudiziarie di arbitraggio, protezione patrimoniale, assistenza sociale, attività «diplomatiche» con altri network criminali”.

Non sempre gli sforzi contro le organizzazioni criminali sono coronati da successo. Anzi, delle volte producono anche effetti indesiderati. È il caso del cosiddetto baloon effect (effetto palloncino), termine che indica una critica alle modalità usate dagli USA contro il narco traffico: se un palloncino viene schiacciato, l’aria viene spostata, ma non scompare, spostandosi invece in un’altra area di minore resistenza. Quindi, dopo l’intervento delle forze dell’ordine, succede che le produzioni dei narcotrafficanti sì spostino in luoghi più tranquilli.

Anche le tecniche di lotta alla criminalità organizzata, ovviamente, e per fortuna, si evolvono. Accanto alle tecnologie che rendono possibile il riconoscimento facciale, quelle di sorveglianza a distanza (compresa la localizzazione GPS), il riconoscimento della voce, l’analisi del DNA, la sorveglianza aerea oggi viene sempre più massicciamente utilizzata l’intelligenza artificiale.

Su questo aspetto, il prof. Antonio Liotta, esperto di analisi e Big Data, ha comunque rilevato come non sia “semplice applicare la scienza di analisi dei dati, perché la maggior parte di essi manca. Non esistono, per ovvie ragioni, grandi database che descrivano la composizione e la struttura interna” delle mafie.

L’arresto di Messina Denaro è un grande risultato e uno sprone a non abbassare mia la guardia. La lotta alle mafie ha bisogno dell’impegno di tutti.

Giovanni Falcone diceva che “la mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave”. Oggi, anche globale.

 

Fonte: Terzo Millennio