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‘Lavoro pubblico al bivio – Opportunità e minacce’, di Sandro Colombi

Sinossi del libro

Il lavoro pubblico si trova oggi dinanzi a un bivio: o accetta passivamente il suo progressivo ridimensionamento, così come programmato dalle politiche neoliberiste; oppure le lavoratrici e i lavoratori che ogni giorno fanno funzionare la macchina dello Stato prendono in mano la situazione costruendo opportunità a partire dal loro patrimonio di esperienze e di conoscenze. Ma d a dove iniziare? Da un’analisi serrata, puntuale e motivata delle piccole e grandi decisioni con cui il datore di lavoro pubblico interviene modificando gli assetti degli uffici, i processi produttivi, l’erogazione dei servizi ai cittadini e persino la stessa missione del servizio pubblico. Questo volume propone dei correttivi, dei suggerimenti, delle alternative realistiche nei seguenti ambiti: sulla gestione della sicurezza durante le fasi più acute della pandemia, sulle politiche delle risorse umane, sulla vicenda dello smart working, sul precariato, sulla semplificazione, sui piani e i progetti relativi all’organizzazione del lavoro, sulla gestione del PNRR. E analizza come al tentativo del sindacato di incanalare le discussioni lungo un percorso maturo e costruttivo facciano da contraltare l’atteggiamento di una classe politica sempre più slegata dalla realtà del lavoro pubblico e l’ostinata autoreferenzialità di una casta di buro-tecnocrati che a quella politica deve la propria fortuna. Così la sistematica esclusione dei lavoratori dai processi decisionali finisce per costituire una patologia che divora dall’interno il mondo del lavoro pubblico. Per l’autore del volume, Sandro Colombi, solo partendo da una ritrovata consapevolezza del ruolo del sindacato nella gestione del cambiamento si possono trasformare le minacce in opportunità.

Introduzione – Civiltà del lavoro e democrazia: un rapporto da ricostruire

Viviamo in un’epoca di transizione. Verso dove nessuno oggi è in grado di predirlo con certezza. Di sicuro sappiamo che ogni passaggio da una fase storica a un’altra è caratterizzato dall’intreccio di tensioni economiche, sociali, politiche e culturali. Lo stesso intreccio interessa anche i nostri tempi e da anni tocchiamo con mano le tensioni che si scaricano sui lavoratori a medio-basso reddito e sul proletariato post-industriale. Una classe composta da un mix di disoccupati, precari, cassaintegrati, giovani (spesso molto istruiti), impiegati sostituiti dall’intelligenza artificiale o messi sulla strada da aziende che hanno delocalizzato la produzione e così via. In questo girone infernale stanno iniziando a precipitare anche i dipendenti pubblici.

Fino a qualche tempo fa i precari dello Stato erano circa 400mila su oltre 3 milioni di dipendenti, per lo più concentrati in taluni specifici settori. Con le nuove politiche economiche imposte da Bruxelles nel 2021, in cambio dei fondi del Recovery Fund, lo Stato italiano è destinato a diventare la più grande agenzia di lavoro precario del Paese. È noto, infatti, che la maggioranza dei concorsi banditi per colmare i vuoti di organico degli uffici pubblici sono in larga misura a tempo determinato. A questo meccanismo vanno aggiunti i seguenti fattori:

– mediamente il dipendente pubblico ha una bassa retribuzione;

– il datore di lavoro pubblico tende a escludere il più possibile i lavoratori dalla partecipazione alla trasformazione dei processi produttivi;

– la privatizzazione dei servizi pubblici continua e continuerà nel prossimo futuro;

– la demolizione del Welfare State prosegue immutata;

– nei prossimi anni l’intelligenza artificiale provocherà una moria di profili professionali di tipo esecutivo.

Mettendo insieme la precarizzazione di Stato con questi fattori otteniamo il ritratto sociologico di un nuovo proletariato. In termini concreti per la maggioranza dei dipendenti pubblici ciò significa una vita più difficile, più povera e più incerta. Utilizzando due categorie della matrice di analisi SWOT, il lavoro pubblico si trova dunque dinanzi a un bivio: o vivacchiare sotto la minaccia di essere sempre più ridimensionato o prendere in mano la situazione e far leva sulle opportunità opponendosi a un destino che altri hanno scritto per noi.

Scopo di questo libro è di dimostrare che le opportunità le possiamo costruire, che opporsi a un presente pieno di insidie è possibile, che si possono ottenere risultati e che non tutto è già stabilito. Come in una mia precedente pubblicazione, Navigare nella tempe- sta (Bibliotheka Edizioni, Roma, 2021), e con cui questo volume è in ideale continuità, presento una parte dell’attività che, come Segretario generale della UILPA, ho svolto dall’estate del 2021 all’estate del 2022. Presento cioè i documenti pubblicati (ove non diversamente specificato) sul sito Web della UILPA (uilpa.it). Si tratta di comunicati stampa, riflessioni, interventi e interviste con cui ho preso posizione dinanzi alle politiche del Governo sui temi e sui problemi che investono la Pubblica Amministrazione italiana.

In questa lotta non sono mai stato solo. Ho avuto sempre al mio fianco la Confederazione, la Segreteria nazionale UILPA, i quadri nazionali e territoriali della mia organizzazione, gli iscritti e davvero tanti lavoratori. Siamo tutti consapevoli di essere dinanzi a un tornante della storia. Dagli anni ’80 il neoliberismo ha mosso una guerra spietata contro il lavoro. Il suo obiettivo è ridurlo a una condizione di perenne bisogno e di eterna sudditanza. C’è riuscito in molti settori dell’economia, in particolare nel terziario (tradizionale e avanzato). Il neoliberismo vuole imporre la sua legge, la legge del far west, anche nel pubblico impiego. Ma ha trovato un presidio di democrazia difficile da aggirare: il sindacato.

Abbiamo appena introdotto una parola-chiave: democrazia. Insieme a lavoro costituisce l’incipit della nostra Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.” Contro chi vuole distruggere il ruolo del lavoro nella società, contro chi conosce solo la logica del profitto personale, contro chi è indifferente nei confronti della sofferenza altrui noi continueremo a opporre la Costituzione. È in nome di questa Carta fondativa dell’Italia liberata dalla tirannia fascista che rispondo colpo su colpo a iniziative più o meno subdole che cercano di introdurre la tirannia del mercato negli uffici pubblici.

In questo libro troverete tante delle risposte che nel corso di un anno ho dato alle iniziative del potere politico, mediatico e burocratico. Credo di averlo fatto con cognizione di causa e senza massimalismi. Ho a cuore la democrazia, ma quella vera. Una democrazia che si invera nella civiltà del lavoro perché solo il lavoro ci rende umani. E non si può parlare di umanizzazione del lavoro se non è retribuito in modo da poter vivere dignitosamente, se non è stabile e se non permette di emanciparsi attraverso la partecipazione attiva dei lavoratori a tutto ciò che riguarda il prodotto della loro attività.

Proprio in virtù di questi principi il primo capitolo del libro, Pubblica Amministrazione. Lo stretto passaggio tra democrazia e mutamento sociale, si occupa di quanto remino contro gli interessi dei lavoratori e dei cittadini le piccole e grandi riforme che investono il lavoro pubblico e che spesso sono delle vere e proprie controriforme abbellite con l’inglesorum mutuato dal marketing.

Il secondo capitolo, Sicurezza sul lavoro: green pass e vaccinazioni obbligatorie, affronta la gestione della pandemia nei luoghi di lavoro pubblici. Una gestione che all’interno delle amministrazioni pubbliche è scarsamente condivisa con i dipendenti e i loro rappresentanti e che ha presentato non poche défaillance.

Il terzo capitolo, Relazioni sindacali e lavoro pubblico, entra nel vivo del rapporto col datore di lavoro occupandosi in particolare dello smart-working e del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro 2019-2021. Ma non solo. Si occupa anche di un momento particolarmente importante per la vita sindacale: il rinnovo delle RSU, le cui elezioni si sono tenute tra il 5 e il 7 aprile 2022.

Col quarto e ultimo capitolo, Gestione della Pubblica Amministrazione: i limiti della politica, torniamo al punto di partenza: se la P.A. presenta delle criticità la responsabilità è principalmente di chi detta la strategia e di chi la dirige. I punti di debolezza della P.A. sono da imputare a chi l’ha demolita svuotando gli organici, non rinnovando i contratti, esternalizzando a più non posso e così via. Mentre i punti di forza della macchina dello Stato sono proprio i lavoratori. Coloro i quali una pessima politica e una pessima stampa hanno umiliato per anni. Salvo poi riconoscere a denti stretti che durante la pandemia gli statali hanno salvato il Paese. Aggiungiamo: lo salvavano anche prima della pandemia e continueranno a tenerlo in piedi nonostante i pessimi e i pessimisti.

Infine, in Appendice troverete un saggio in cui affronto un tema assai dibattuto all’interno della P.A.: quello della performance. Tema oggi particolarmente rilevante perché i criteri di misurazione e di valutazione delle prestazioni dei dipendenti e degli uffici pubblici sono oggetto di una richiesta di riforma da parte dell’Unione Europea quale condizione per la concessione dei fondi collegati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Sandro Colombi, Segretario generale UILPA

 

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