È stato pubblicato sul sito www.bollettinoadapt.it il nuovo working paper della Fondazione Adapt dal titolo “Lavoro agile: alcune conferme dalle prime rilevazioni empiriche”, firmato dal ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, e dal professore dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Michele Tiraboschi.
Brunetta e Tiraboschi analizzano il fenomeno dello smart working nella Pubblica amministrazione a partire dai risultati preliminari della rilevazione Istat pubblicata il 15 dicembre scorso in cui, per la prima volta, sono stati analizzati i diversi aspetti pratici di questa forma organizzativa del lavoro, a cui si è dovuto fare un ricorso massiccio durante la prima fase della pandemia.
La ricerca Istat ha misurato con oggettività e imparzialità – e dunque senza alcuna “ideologia” di parte – il grado di produttività e la soddisfazione di cittadini e imprese, ma anche dell’efficienza e dell’efficacia dei servizi, vero obiettivo di ogni amministrazione, posto che la Pa, a differenza delle imprese del settore privato, non risponde a pure logiche di mercato, ma al principio della universalità dei servizi.
Istat ha certificato che nel 2020, in fase pre-pandemica, solo una quota marginale di istituzioni pubbliche (appena il 3,6%) era già strutturata e organizzata per un corretto svolgimento dello smart working. Quando poi con la crisi sanitaria la situazione ha subito un cambiamento drastico e il lavoro agile è divenuto la modalità ordinaria di svolgimento dell’attività lavorativa, il numero di dipendenti tenuti a lavorare in presenza è stato solo pari al 14,8% del totale degli enti rilevati. Solo un’amministrazione su tre ha tuttavia monitorato l’impatto dello smart working sui livelli di produttività dell’ente, effettuando valutazioni quantitative (27,6% dei casi) o qualitative (solo nel 19,1% dei casi). Tutti dati che confermano un ricorso puramente emergenziale al lavoro agile, senza adeguata preparazione del personale, né strumenti di verifica e monitoraggio della prestazione, né, spesso, adeguata strumentazione tecnologica.
La transizione verso un’organizzazione agile del lavoro ha invece bisogno di discipline definite a livello delle singole amministrazioni e di strumenti di monitoraggio e valutazione della performance.
Pur a fronte di esperienze positive in alcuni contesti (identificabili soprattutto in quelli che avevano già sperimentato il lavoro agile prima del marzo 2020), e di una nuova e diffusa consapevolezza sulla piena utilizzabilità del lavoro agile anche nel contesto del pubblico impiego, le modalità con cui tale processo si è evoluto nella fase emergenziale avevano portato ad alcuni messaggi di errore:
• errore nella mancata o solo parziale verifica della produttività e della soddisfazione della utenza;
• errore nella definizione delle attività remotizzabili con un impatto per il buon andamento della pubblica amministrazione;
• errore nelle competenze necessarie per trasformare un lavoro da remoto domiciliare in una nuova e moderna organizzazione del lavoro e in una trasformazione in positivo della pubblica amministrazione.
Proseguire nel solco tracciato durante quella fase avrebbe comportato il perpetrarsi di questi errori. L’azione posta in essere dal ministro e dal Dipartimento della funzione pubblica negli ultimi mesi è stata, invece, volta alla costruzione delle condizioni di contesto affinché gli errori rilevati potessero essere risolti.
L’approvazione in Conferenza unificata, lo scorso 16 dicembre 2021, delle Linee guida in materia di lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche, concordate con i sindacati, sancisce il superamento dello smart working emergenziale e anticipa i contenuti dei nuovi contratti collettivi di lavoro. A questo fine, la Funzione pubblica ha favorito l’adozione dei Piao, i Piani integrati di attività e organizzazione, per riconoscere alle amministrazioni piena autonomia organizzativa.
Il percorso di superamento dello smart working emergenziale, quindi, è avvenuto lungo il doppio binario della regolazone nei contratti e dell’innovazione organizzativa. Con una responsabilizzazione delle relazioni sindacali all’interno delle amministrazioni, secondo una prospettiva di recente richiamata anche dal Parlamento europeo, che sollecita la partecipazione attiva dei lavoratori nei processi decisionali della transizione digitale.
In questo modo – è la conclusione – il lavoro pubblico, per la prima volta, si candida a divenire un modello di innovazione, anche per il settore privato.
In allegato il working paper in PDF.