Con questa prima intervista avviamo un ciclo di colloqui con i Coordinatori nazionali della UILPA. Ci è sembrato importante effettuare questa ricognizione dopo le elezioni per il rinnovo delle RSU al fine di fare il punto della situazione, sui nodi che ancora vanno sciolti nelle singole amministrazioni.
Qual è il problema più urgente che il suo ente si trova ad affrontare?
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze è fra le realtà più evolute della Pubblica Amministrazione. Tuttavia, presenta almeno un problema comune al comparto della Funzione Pubblica: la carenza di personale. A fronte di una pianta organica che prevede 12mila dipendenti, ne contiamo in servizio circa 8.900. Per di più, le nuove assunzioni non riescono a coprire i pensionamenti. E così molte sedi territoriali risultano scoperte, specie nel Nord Italia.
In che modo l’uso delle nuove tecnologie, inclusa l’intelligenza artificiale, sta modificando l’organizzazione del lavoro nel suo ministero?
Tutti i dipendenti sono forniti di PC portatile e di una “saponetta” (il router WiFi portatile, n.d.r.) per i collegamenti esterni. Non a caso, la nostra è stata la prima amministrazione ad avviare lo smart-working prima dell’emergenza Covid-19. Gran parte delle nostre attività sono informatizzate e possono essere svolte da remoto. Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, invece, mi sembra che siamo ancora un po’ indietro. C’è chi la utilizza a titolo personale, ad esempio per scrivere una lettera, ma manca un’implementazione strutturale nel lavoro d’ufficio.
Ci sono professionalità del MEF che potrebbero essere sostituite dall’intelligenza artificiale?
A breve termine penso di no, perché il rapporto che abbiamo con l’utenza non può essere interamente automatizzato. Per il tipo di servizi che svolgiamo esistono larghi margini di manovra dell’impiegato in carne e ossa. Detto in breve: occorre possedere una grande capacità nel valutare variabili non standardizzabili che si incontrano in situazioni e necessità complesse poste degli utenti. Capacità che, allo stato attuale dell’evoluzione tecnologica, una macchina non può avere.
A sei mesi dalla firma del CCNL qual è lo stato delle relazioni sindacali al MEF?
Anche se non veniamo convocati ai tavoli della contrattazione l’Amministrazione ci convoca per ascoltare il nostro parere. Sa che rappresentiamo una delle organizzazioni più importanti nell’ambito del MEF a livello nazionale e che nella sede centrale di Roma siamo il sindacato più rappresentativo nel comparto con il 27,46%, mentre siamo il secondo sindacato nell’area della dirigenza. Quindi, anche sui temi contenuti nel CCNL non firmato dalla UILPA, ad esempio lo smart-working o il co-working, l’Amministrazione vuole conoscere il nostro punto di vista. C’è un atteggiamento di rispetto della nostra rappresentatività.
Qual è il grado di coinvolgimento sindacale dei giovani neo-assunti?
È difficile coinvolgerli, perché la maggior parte dei giovani oggi non ha una cultura sindacale né tanto meno politica. Abbiamo avuto un buon numero di adesioni fra i nuovi assunti, ma pochi di loro vogliono mettersi in gioco nelle relazioni sindacali. Su questa rinuncia influisce la pressione della dirigenza, che spinge i giovani a pensare soprattutto alla carriera. E poi la vita oggi è talmente complicata, specie per chi vive fuori sede, che i giovani sono costretti a pensare prima di tutto alla retribuzione. E una valutazione negativa del dirigente, magari a causa di un contrasto di natura sindacale, può influire sulle future progressioni economiche.
Svolgere attività sindacale non è visto di buon occhio dai vostri dirigenti?
A volte sì. E questo è dovuto soprattutto al fatto che abbiamo un sistema di valutazione del personale unilaterale e non contestabile. La valutazione incide sulle quote di retribuzione accessoria. Quindi, dinanzi alla possibilità che il dirigente attribuisca un punteggio basso in sede valutativa per aver creato qualche problema di natura sindacale, i giovani preferiscono non esporsi.
Come si possono indurre i giovani neoassunti a interessarsi al sindacato?
Innanzitutto, andrebbe spiegato loro che cosa è e a cosa serve realmente il sindacato. E poi che svolgere attività sindacale non significa necessariamente aprire un conflitto con la parte datoriale. Al contrario, implica la ricerca di soluzioni condivise dei problemi dei lavoratori anche nell’interesse dell’Amministrazione. Per questo servirebbero momenti seminariali di approfondimento aperti a tutti. Occorrerebbe spiegare che nessun diritto resta per sempre se non si combatte ogni giorno per difenderlo.
A cura dell’Ufficio comunicazione UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 26 maggio 2025