Secondo l’Osservatorio Inps sul precariato, da gennaio a maggio 2023 sono stati aggiunti 809.671 nuovi contratti di lavoro. Di questi, 274.230 sono a tempo indeterminato e 191.278 a termine.
Sono calate le assunzioni dei contratti in somministrazione (-9%), a tempo indeterminato (-5%) e di apprendistato (-4%) e aumentati i contratti a termine (+2%), a lavoro intermittente (+4%) e stagionali (+5%).
Tali numeri confermano in Italia la tendenza all’incertezza lavorativa. Ma, nella corsa per l’attuazione del PNRR le pubbliche amministrazioni italiane non possono permetterselo. Già afflitte dalla grave crisi demografica e dall’età media sempre più elevata, si trovano a fare i conti con una crisi occupazionale dove gli unici ad aumentare sono i posti flessibili, giunti ormai al 15% di quelli complessivi.
Secondo recenti dichiarazioni del Ministro della Funzione Pubblica, Paolo Zangrillo, si dovrebbero effettuare circa 450mila assunzioni nel triennio 2023-25. Purtroppo non è chiaro se a tempo determinato o indeterminato. La cosa chiara è che si tratta di un numero insufficiente per colmare i tagli indiscriminati degli anni passati e i prossimi pensionamenti.
È vero che recentemente sono stati fatti degli interventi normativi per consentire la stabilizzazione del personale pubblico come il Decreto PNRR 3, in vigore dal 25 febbraio 2023, (grazie al quale le Amministrazioni titolari di progetti PNRR possono stabilizzare il personale assunto a tempo determinato), e il Decreto assunzioni PA, in esame alla Camera, che prevede le stabilizzazioni del personale non dirigenziale nelle Regioni, le Province, i Comuni e le Città metropolitane.
Tuttavia, questi provvedimenti sono distribuiti a macchia di leopardo nelle varie amministrazioni e risultano insufficienti a risolvere il problema della mancanza di personale nel comparto pubblico. Al di là di tante dichiarazioni il problema degli organici rimarrà aperto anche nei prossimi anni se non si interverrà con politiche diverse dalle attuali.
Roma, 8 settembre 2023