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I.A. generativa. A rischio i posti di lavoro nel pubblico impiego

Nei prossimi anni l’Intelligenza Artificiale generativa può sostituire 20 milioni di lavoratori solo in Europa. Questo il preoccupante scenario tratteggiato dallo studio di Anselm Küsters ed Eleonora Poli intitolato Resisting or Rebooting the Rise of the Robots? Lo studio è stato pubblicato il 13 febbraio scorso dal Centres for European Policy (CEP).

 

Le professioni più coinvolte sono quelle dei colletti bianchi medici, magistrati, insegnanti, ma soprattutto impiegati e dirigenti pubblici. Infatti, secondo i dati CEP, l’impatto dell’intelligenza artificiale aumenta con l’aumentare del reddito e intacca almeno il 30% di quelle professioni che necessitano di un’istruzione approfondita.

 

Questa previsione conferma quella dell’ultimo studio, del 14 gennaio scorso, del Fondo monetario internazionale (FMI). Da cui emergeva che il 60% dei posti di lavoro nei Paesi sviluppati sarebbero stati interessati dall’I.A., principalmente a causa della loro natura intellettuale. Tra questi, circa la metà (33%) dei dipendenti avrebbe potuto perdere il posto di lavoro, mentre gli altri avrebbero potuto vedere un miglioramento nella produttività.

 

Per il CEP invece, l’implementazione di un assistente basato sull’I.A. migliorerebbe sì la produttività (+14%) e la velocità (+55,8%) nel servizio al cliente, ma i lavoratori sostituiti, non essendo storicamente soggetti a una diffusa disoccupazione tecnologica, potrebbero creare disordini sociali.

 

L’I.A. generativa è infatti una tecnologia molto più sostitutiva di posti di lavoro che complementare all’attività produttiva. Questo significa che anche se nel medio-lungo termine può contribuire a coprire alcune specifiche carenze di competenze e ad aumentare la produttività, è probabile che a breve termine si riveli insufficiente per colmare la perdita di un numero elevato di lavoratori.

 

 

Redazionale

 

Roma, 26 febbraio 2024

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