Signor Ministro,
i recenti fatti che hanno caratterizzato le procedure di mobilità per l’acquisizione di nuovo personale presso il Dicastero della Giustizia costituiscono per noi fonte di enorme preoccupazione.
Abbiamo fermamente convenuto sulla necessità di salvaguardare il posto di lavoro di numerosi operatori del servizio pubblico ma siamo profondamente perplessi rispetto al sistema di classificazione professionale utilizzato.
Al riguardo, infatti, pur nella piena consapevolezza delle criticità che la cronica carenza di personale provoca nell’attività degli Uffici Giudiziari e sulle quali noi stessi abbiamo ripetutamente sollecitato negli anni azioni concrete e condivise, deve purtroppo rilevarsi come alcune delle soluzioni individuate in tale contingenza, peraltro decisamente distanti dal confronto con le rappresentanze dei lavoratori, destino delle forti perplessità. L’unico risultato conseguito attraverso l’assunzione di tali scelte è quello di avere generato malcontento tra i lavoratori provenienti dagli altri Enti, tra i lavoratori del Ministero della Giustizia e tra i cittadini utenti, tutti indistintamente danneggiati.
Noi, per primi, apprezziamo profondamente la professionalità del personale proveniente dal soccorso pubblico e riteniamo che il medesimo avrebbe dovuto trovare una migliore e più utile collocazione in enti del servizio sanitario nazionale, e ciò sia per la salvaguardia della specificità connessa al ruolo finora ricoperto sia per la tutela della propria dignità, posta in serio pericolo dalle inevitabili situazioni di difficoltà in cui sarà costretto ad operare. Contingenze, queste ultime, foriere di acredine, peraltro comprensibile, nei rapporti con il personale specializzato del Ministero della Giustizia nonché suscettibili di generare situazioni di conflittualità interna, destinate a rendere ancora più precaria la funzionalità degli Uffici, ove l’impiego di personale privo della necessaria esperienza per svolgere i delicatissimi compiti assegnati e la presenza di una mole di lavoro a dir poco esorbitante non potranno che produrre un mix di potenza micidiale.
Tale situazione viene inoltre ad esasperare le legittime aspettative del personale dei ruoli del Ministero, che da più di dieci anni è in attesa di una riqualificazione mai fatta, a differenza di tutte le altre Amministrazioni dello Stato. Il Personale è esacerbato dal mancato riconoscimento della propria professionalità, della giusta gratificazione economica e giuridica ma nel contempo continua ad essere costretto ad operare in situazioni di grande stress e tensione, causati dalla enorme mole del lavoro da smaltire, tutto ciò per la limitata entità del personale in servizio rispetto alle dotazioni organiche di diritto. E proprio questo personale, che da anni è in attesa di provvedimenti in proprio favore, ora si vede peraltro superato e bypassato da quello proveniente dall’esterno, che molto spesso – a parità di qualifica – gode di un trattamento economico superiore anche in virtù dei procedimenti di riqualificazione attuati negli Enti di provenienza prima della chiusura o soppressione o ridimensionamento.
Allora, ci domandiamo come fa un Ministro della Repubblica a non rendersi conto di una situazione tanto delicata. E’ come se un padre di famiglia non conoscesse affatto la propria casa ed il proprio nucleo familiare, al punto tale da non rendersi conto nemmeno delle reali necessità e dei bisogni, anche primari, dei propri congiunti. Una situazione, insomma, al limite del paradossale, in cui errori di valutazione, leggerezza, acquiescenza rispetto a soluzioni magari anche strutturate dall’esterno tratteggiano i margini di un quadretto di kafkiana memoria, nell’ambito del quale il filo conduttore si perde continuamente tra controsensi, contraddizioni, mancanza di consequenzialità nelle operazioni.
Su quest’ultimo punto, infatti, dobbiamo registrare che, seppure nell’ambito di un’iniziativa alquanto avventata ed ardita, in ogni caso è venuto a mancare il necessario ordine delle cose. Il personale acquisito, infatti, doveva essere quanto meno formato prima di essere proiettato nel girone infernale delle Giustizia!
Un problema di metodo? Oppure la certezza di poter decidere in modo unilaterale anche penalizzando il proprio personale? Qualsiasi cosa sottenda a tale operazione di certo registriamo una grave noncuranza delle conseguenze che determinate scelte producono e soprattutto una pericolosa indifferenza rispetto al regolare funzionamento della macchina pubblica, continuamente posta in affanno da scelte sicuramente discutibili e di fronte alle quali non riusciamo a comprendere il silenzio delle altre componenti (Magistratura e Avvocatura).
Signor Ministro, ci aspettiamo una risposta. Ci aspettiamo che, come per gli inquadramenti del personale transitato al Ministero, siano adottate procedure in deroga per l’attuazione dei processi di riqualificazione di tutto il personale giudiziario, magari in un arco temporale non superiore al triennio. Ci aspettiamo che siano forniti chiarimenti su questa triste vicenda e soprattutto su cosa Lei intenda fare per sanare l’anomalia di tale situazione e per contemperare gli interessi di tutti gli attori coinvolti: i lavoratori del Ministero della Giustizia, i lavoratori transitati da altri Enti, i cittadini.
E già, proprio i cittadini, quelli che – nonostante lo si dimentichi troppo spesso – sono “i clienti” della Pubblica Amministrazione, quelli che attendono servizi in tempi certi ed in giusta forma, quelli che alla fine dei conti, gentile Ministro, pagano sempre la parcella più salata.
Roma, 14 settembre 2016
Il Coordinatore Generale Uilpa Giustizia
Domenico Amoroso