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«Fare il sindacalista rende felici». Intervista a Sandro Colombi

Sandro Colombi, Segretario generale UILPA

Sandro Colombi nasce a La Spezia nel 1964. Da giovane lavora come operaio all’arsenale militare della sua città natale dove inizia a svolgere l’attività sindacale come delegato di base della UIL-Ministero della Difesa. Tappa dopo tappa ricopre diversi incarichi, prima provinciali e poi nazionali. Nel dicembre del 2020 è eletto Segretario generale della UIL Pubblica Amministrazione.  

 

Fare il sindacalista è un mestiere come un altro?

 

Direi di no. Fare il sindacalista è più una vocazione che un mestiere, nel senso che significa mettersi a disposizione degli altri. E gli altri, in questo caso, sono le lavoratrici e i lavoratori con i loro bisogni e le loro speranze. Di questi bisogni e di queste speranze il sindacalista si fa carico con convinzione, cuore, anima e cervello, nel tentativo dare risposte e di migliorare le cose che non funzionano.

 

Che tipo di competenze deve avere un sindacalista?

 

Deve essere in grado di navigare tra i marosi delle dinamiche contrattuali e, di conseguenza, deve essere animato da un certo spirito d’avventura e da una grande curiosità. Il mondo del lavoro è eterogeneo e presenta realtà molto differenti tra loro, alcune più evolute, altre meno. Il sindacalista deve comprendere quali dinamiche contrattuali caratterizzano i vari settori del mondo del lavoro e saperle rapidamente interpretare in rapporto alle specifiche esigenze. Un dipendente pubblico che fa sindacato deve conoscere una moltitudine di normative tipiche del proprio settore, ma deve anche conoscere le dinamiche che avvengono in settori diversi dal suo, ad esempio i metalmeccanici, per essere in grado di condividere esperienze e stabilire sinergie.

 

In concreto che cosa fa durante la sua giornata di lavoro?

 

Come Segretario generale della mia categoria devo rispondere alle richieste e alle esigenze di 35mila iscritti, suddivisi in settori che fanno capo a coordinamenti nazionali, regionali e strutture territoriali. Gran parte dell’attività è legata alla necessità di aggiornarsi sui continui cambiamenti delle norme che regolano il nostro lavoro. Ma c’è anche l’esigenza di un costante raccordo con le dinamiche delle politiche confederali, alle quali la mia categoria deve sempre fare riferimento. È inoltre essenziale il rapporto con i componenti della mia Segreteria Nazionale rispetto alle deleghe loro assegnate. Ci sono le trattative per i rinnovi dei contratti nazionali di lavoro, che devo seguire direttamente o indirettamente, e talvolta la gestione di stati d’agitazione o di scioperi. Insomma, è un’attività che comincia la mattina presto e finisce tardi la sera… nel migliore dei casi.

 

Un impiegato produce documenti, un operaio manufatti, un tecnico tecnologia. Cosa produce un sindacalista?

 

Produce il benessere dei lavoratori e di conseguenza migliora la qualità del prodotto, qualsiasi esso sia. Il sindacalista si interfaccia con l’impiegato, con l’operaio e con il tecnico per farsi dire le cose che non funzionano sul proprio posto di lavoro. E questi soggetti affidano al sindacalista il compito di rappresentare al datore di lavoro le proprie istanze, nel tentativo di risolvere i problemi. E se in un’azienda i lavoratori sono soddisfatti tutto funziona meglio. In questo senso il sindacalista svolge un’attività preziosa.

 

Quali sono le qualità principali di un sindacalista?

 

Innanzitutto, bisogna essere degli ottimi ascoltatori. Bisogna saper interpretare dal punto di vista sindacale le più diverse istanze che arrivano dai lavoratori. Istanze che a volte riguardano anche problemi personali. Il sindacalista deve anche essere un po’ psicologo per cogliere il disagio e le frustrazioni che spesso affliggono le persone per cause riconducibili alle condizioni di lavoro. Questa comprensione è essenziale per indirizzare l’azione sindacale rispetto al contesto lavorativo. Posso dire che quello del sindacalista è un lavoro che richiede una grande disponibilità umana perché si entra in profondità nell’animo delle persone. Per questo è faticoso: non solo sul piano fisico, ma anche sotto l’aspetto intellettuale ed emotivo.

 

La sua attività è spesso molto stressante e non gode di grandi retribuzioni. Perché non si trova un lavoro più tranquillo e magari più remunerativo?

 

Perché fare il sindacalista rende felici. Capisco che le sembrerà strano dato che le confermo di svolgere un’attività molto stressate per uno stipendio nella norma. Ho iniziato l’attività sindacale in sordina e poi, piano piano, mi sono ritrovato ad essere talmente coinvolto da non riuscire più a tirarmene fuori. Ho avuto a che fare col sindacato fin dal mio primo giorno di lavoro presso l’amministrazione della Difesa, perché ho visto subito cose che non mi piacevano. E allora ho iniziato a rapportarmi con le rappresentanze sindacali. Mi sono reso disponibile a dare una mano e da lì è stato un attimo arrivare ad incarichi di responsabilità, prima territoriali e poi nazionali. Nel sindacato il tempo vola davvero. E ti accorgi che l’aumento delle responsabilità cammina di pari passo con l’aumento dell’impegno, i cui effetti poi si vedono nel consenso raccolto, nella fiducia di colleghi che scelgono di privarsi tutti i mesi di un pezzo di retribuzione per permettere all’organizzazione sindacale di esistere e di funzionare. Mi creda: sapere che, malgrado l’egoismo che domina il nostro tempo, ci sono ancora tante persone che hanno fiducia nella forza del sindacato e dei suoi rappresentanti è qualcosa che dà una felicità difficile da spiegare.

 

Le chiedo di rispondere a questa domanda con una breve definizione: chi è il sindacalista?

 

È una persona che si mette a disposizione degli altri e che – per parafrasare le parole di Don Milani – ha l’ansia di far stare meglio i lavoratori che sono in difficoltà. Il sindacalista è uno che cerca di capire i problemi e poi propone soluzioni. Insomma, il sindacalista cerca di trasformare ciò che comprende in azione per migliorare le condizioni di lavoro e di vita delle persone che gli danno fiducia.

 

Consiglierebbe a un giovane di intraprendere l’attività sindacale?

 

Sì. Specie nella società di oggi, un’esperienza del genere servirebbe ai giovani per acquisire una visione della vita completamente diversa da quella che hanno. Il miglioramento complessivo della qualità della vita che hanno ereditato grazie alle lotte delle generazioni precedenti talvolta li ha portati a non scontrarsi con la durezza di certe situazioni. O, se ci si sono scontrati, a non avere gli strumenti adatti per affrontarle. L’attività sindacale è una palestra formativa che permette ad alcuni di scoprire i drammi che si consumano nel mondo del lavoro, e, a coloro che tali drammi li hanno scoperti o li vivono sulla propria pelle, di affrontarli con cognizione di causa. Il sindacato è un’istituzione che insegna il valore dell’azione collettiva e dalla solidarietà.  Non mi pare poco in una società terribilmente sfilacciata dove molti si illudono di cavarsela per conto proprio.

 

Roma, 13 dicembre 2023

 

A cura dell’Ufficio comunicazione UIL Pubblica Amministrazione