L’11 settembre scorso è stato inaugurato presso l’Arsenale di Taranto un hub logistico gestito dalla Leonardo spa per la manutenzione e lo stoccaggio dei materiali del Sistema di combattimento delle unità navali classe Fremm. Le sigle confederali con i segretari tarantini di categoria Grazia Albano (Fp Cgil), Massimo Ferri (Cisl Fp) e Giuseppe Andrisano (Uilpa), evidenziano crescente preoccupazione per «il ruolo marginale che l’Arsenale di Taranto sta assumendo nel contesto del cosiddetto “Mediterraneo allargato”».
«Quanto da oltre un ventennio paventato dalle organizzazioni sindacali territoriali e dalle rsu nel documento del 2000 denominato “Vertenza Arsenale” si sta avverando nella perdita del ruolo da protagonista dell’Arsenale di Taranto che dovrebbe essere collocato all’interno di quello scenario di elevato interesse che ricordava l’ex Ministro Guerini viene definito di “Mediterraneo allargato” tant’è che lo stabilimento, almeno a parole, è sempre stato individuato come Polo Strategico fondamentale mentre i fatti contraddicono gli impegni assunti – si legge in una nota congiunta delle sigle confederali di categoria – A fronte di significativi finanziamenti previsti dalle Leggi di Bilancio che hanno consentito lo sviluppo dei programmi di ammodernamento, potenziamento e rilancio della Difesa, il personale non è stato destinatario di quella necessaria formazione sui nuovi sistemi/apparati per acquisire il know-how da trasferire ai nuovi assunti, per quanto al momento in numero ridotto.
Nonostante le sfide derivanti dal mutevole quadro geopolitico che sono a fondamento del Modello Difesa, le scelte politiche hanno relegato il personale civile in un ruolo marginale sebbene quest’ultimo abbia sempre assicurato i livelli di efficienza necessari agli impegni operativi e di stabilizzazione della forza armata. Alla prevedibile obiezione che Leonardo e Fincantieri sono aziende pubbliche e che pertanto non si può parlare di “privatizzazione” il sindacato risponde con almeno due dati di fatto. Il primo: gli interventi di manutenzione e riparazione dei Sistemi di Combattimento, sino a poco tempo fa garantiti con le professionalità dell’Arsenale, oramai ridotto ai minimi termini, sarà sempre più esclusiva della Leonardo a costi decuplicati rispetto agli interventi gestiti con maestranze interne dello stabilimento.
Ricordiamo a tal proposito – proseguono Fp Cgil, Cisl Fp e Uilpa – che la riforma Andreatta-Saragozza degli anni ‘90 e la legge n. 244 del 2012, ancora in vigore, basate entrambe sul criterio del costo-efficacia e risparmi di spesa per la stabilità programmatica delle risorse finanziarie, hanno determinato la contrazione/riduzione delle dotazioni organiche da raggiungere nel 2024 incidendo profondamente sull’attuale carenza del personale riducendone la capacità operativa. Tutto ciò mal si coniuga con la limitazione degli impatti economici ed ottimizzazione delle risorse attraverso il contenimento dei costi rispetto all’affidamento delle attività alle citate Aziende, anche se il maggior azionista è il Mef, se agissero in regime di monopolio.
La seconda obiezione: L’Arsenale rappresenta una doverosa opportunità di sviluppo per un territorio che è importante ricordare ha ceduto 90 ettari all’Arsenale ai quali vanno aggiunti i 30 ettari di area demaniale ove è stata realizzata la Stazione Navale di Mar Grande oltre a sommare tutti gli altri Enti; una città e una provincia che pertanto meritano e pretendono la salvaguardia dei livelli occupazionali e di ricchezza sui quali in passato si è basata in parte l’economia ed il benessere del nostro capoluogo, occupazione che le Aziende che non sono del territorio non garantiscono. Pur consapevoli che le attuali carenze organiche e le inevitabili difficoltà che ne conseguono, al momento non ci consentono di contrastare adeguatamente l’assegnazione di aree dell’Arsenale alla Leonardo, resta immutato l’obiettivo del sindacato di riappropriarsi dei luoghi simbolo dell’Arsenale quali ad esempio l’officina Artiglieria oggetto per venti anni di progetti di ristrutturazione faraonici, mai realizzati, e oggi ceduta per l’hub mentre i motoristi dello stabilimento sono stati allocati in altro Reparto, ma soprattutto di internalizzare quelle attività che gradualmente sono state perse».