Finalmente una decisione che rende giustizia ai lavoratori del pubblico impiego. Il Tar Lazio, con la sentenza depositata in data 17 aprile u.s., ha annullato la circolare n. 2/2014, emanata dall’ex ministro D’alia, con la quale era stata fornita un’interpretazione estremamente restrittiva di una norma, contenuta nel decreto legge 101/2013, in materia di modalità per l’attestazione delle assenze dovute a terapie, visite, accertamenti diagnostici.
Ricordiamo che tale norma aveva modificato l’art. 55-septies – comma 5-ter – del decreto legislativo 165/2001, sostituendo la parola “assenza” con il termine “permesso”.
Secondo la circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica, la modifica sopravvenuta doveva essere interpretata nel senso di limitare la possibilità di assentarsi per effettuare terapie, visite, accertamenti diagnostici in generale, all’utilizzo del proprio monte permessi personale o degli altri strumenti previsti dai CCNL, quali banca ore, permessi orari, ferie…. In sostanza, per questo tipo di assenze, la circolare aveva escluso il ricorso all’assenza per malattia, se non in presenza di una contemporanea dichiarazione di inidoneità al lavoro attestata dal medico.
E’ stato più volte rilevato il grave pregiudizio arrecato da tale interpretazione, che ha penalizzato ulteriormente il personale dipendente delle pubbliche amministrazioni in tema di trattamento giuridico ed economico delle assenze dal servizio, con specifico riferimento al trattamento di malattia ed, in particolare, quanti, affetti da patologie gravi che necessitano di accertamenti continui dello stato patologico, sono costretti a ricorrere ai permessi personali, notoriamente non sufficienti a coprire le necessità, con gravi conseguenze sullo stato di salute degli interessati.
Infatti, nella circolare, non si operava alcuna distinzione tra fattispecie obiettivamente non assimilabili, con evidente lesione del diritto alla salute che la nostra costituzione garantisce a tutti i cittadini italiani.
La sentenza del TAR ha rilevato l’illegittimità della circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica e non soltanto per gli evidenti effetti di sconvolgimento nell’organizzazione del lavoro e personale del dipendente. Assume notevole rilievo, infatti, il profilo di illegittimità riscontrato in quanto la materia oggetto della novella normativa avrebbe dovuto trovare il suo naturale elemento di attuazione nella disciplina contrattuale da rivisitare e non in atti generali che impongono modifiche unilaterali in riferimento a CCNL già sottoscritti.
Alla luce della sentenza dei magistrati del Tar Lazio, quindi, la norma introdotta nel 2013 non potrà essere applicata “sic et simpliciter” ma dovrà essere preceduta da una ampia revisione della disciplina contrattuale di riferimento.
In tale circostanza emerge, dunque, un’ulteriore “falla di sistema”, il perdurare del blocco della contrattazione nel pubblico impiego, oltre a produrre i danni economici che ben conosciamo, non potrà che generare situazioni anomale e pericolose anche per quelli che sono gli aspetti normativi del rapporto di lavoro, essendo di fatto impossibile rivisitare la disciplina contrattuale alla luce delle tante novità introdotte da normative di rango primario e per le quali è necessario invece operare un corretto riallineamento giuridico.
Ma del resto, senza risorse, noi non siamo disposti a contrattare nulla!