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Commissione tecnica sulla performance. Sandro Colombi scrive al Ministro della Funzione Pubblica

Egregio Sig. Ministro,

abbiamo appreso dalla stampa che è stata recentemente istituita la Commissione tecnica sulla performance presso il Dipartimento della Funzione Pubblica. Pur trattandosi di un organismo consultivo il suo compito è di importanza strategica perché dovrà definire l’indirizzo tecnico-metodologico necessario allo sviluppo delle attività di misurazione e valutazione della performance nelle amministrazioni dello Stato.

Signor Ministro, come lei sa, delle prestazioni dei lavoratori pubblici si parla da lungo tempo e dal 2009 ogni amministrazione è chiamata a stilare un Piano triennale della performance e ad aggiornarlo ogni anno. Operazioni che costano parecchie risorse interne in termini di tempo e risorse umane. D’altronde il tema della performance nella P.A. italiana si è sviluppato in maniera terribilmente complessa a iniziare dalla sua implementazione nel 2009. Infatti, da molti anni si stratificano linee di indirizzo, leggi quadro, decreti, regolamenti, discipline contrattuali e i criteri di misurazione della performance sono più volte cambiati.

A complicare il quadro interviene poi l’esistenza di una performance individuale e una performance organizzativa. Entrambe chiamano in causa sia obiettivi generali della P.A. sia obiettivi specifici delle amministrazioni. Obiettivi che a loro volta vanno misurati e valutati da una molteplicità di soggetti interni ed esterni alla P.A., ma seguendo gli indirizzi impartiti dal governo. Per farla breve: i risultati di queste intricate procedure sono ben al di sotto delle aspettative.

Inevitabilmente la Commissione tecnica appena insediata proporrà dei nuovi cambiamenti.  Cambiamenti che ci auguriamo siano risolutivi ma, se la storia insegna qualcosa, ci permetta di dubitarne. E ne dubitiamo perché gli esperti, i consulenti, i docenti universitari e quant’altro, se va bene, hanno una conoscenza teorica del lavoro nella Pubblica Amministrazione finendo per calare dall’alto modelli funzionanti sulla carta, ma di difficile applicazione pratica.

La difficoltà applicativa dei piani della performance è dovuta a diversi fattori. Il più importante dei quali è che tali piani, per espressa previsione di legge, vengono definiti senza alcuna condivisione con i rappresentanti dei lavoratori. Cioè, con coloro che conoscono la macchina amministrativa dall’interno, che sanno per esperienza diretta quali sono le strozzature, i problemi e le difficoltà che impediscono di raggiungere adeguati livelli di efficacia e di efficienza dei processi produttivi. La stessa dinamica escludente si ripete con la nomina della nuova Commissione tecnica per la performance, la cui istituzione e composizione è fissata dal D.P.R. 105/2016.

Ma i tempi cambiano, la P.A. cambia e certe logiche pensate nel passato non sono più adeguate a una realtà completamente diversa.  Le chiedo quindi: non sarebbe ora di iniziare un serio percorso di revisione legislativa che punti a modificare le norme che riguardano la performance e che non prevedono adeguate forme di partecipazione dei lavoratori? Che senso ha continuare a nominare super-commissioni di professori ed esperti che non si confrontano con i rappresentanti dei lavoratori?

Lei sa bene che il sindacato è oggi più che mai disponibile al confronto per migliorare i servizi pubblici e per la realizzazione dei progetti collegati al PNRR nell’interesse supremo del Paese.

Il momento storico che stiamo attraversando è così difficile e denso di incognite che richiede un cambiamento di mentalità e decisioni innovative. Siamo certi che lei saprà compiere entrambi i passi.

Distinti saluti.

Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione

Roma, 22 maggio 2022