Merita qualche riflessione il recente rapporto ARAN-Università di Milano sulla contrattazione integrativa nelle pubbliche amministrazioni italiane a seguito del CCNL 2016-2018. L’indagine dell’Agenzia è prevalentemente descrittivo-qualitativa e si concentra su un campione di 65 accordi esaminati, relativi a 51 amministrazioni diverse, permettendo così di ricavare informazioni molto interessanti. Informazioni che smontano una serie di miti negativi sui lavoratori pubblici veicolati da tanta pessima stampa e da tanta pessima politica.
Prendiamo il caso del rapporto fra premialità e performance. Contrariamente alla vulgata dominante, risulta che la contrattazione integrativa si dimostra perfettamente in grado di assicurare una differenziazione dei trattamenti in base alla produttività individuale, così come stabilito nei CCNL. Un esempio convincente arriva proprio dalle amministrazioni del comparto Funzioni Centrali. Tutti i contratti integrativi considerati, che interessano oltre 36mila dipendenti, contengono una clausola sulla maggiorazione del valore dei premi in favore dei dipendenti che conseguono le migliori valutazioni di performance.
Come la mettiamo adesso con la leggenda dei premi distribuiti a pioggia?
Un’altra vecchia storia che circola nel sempre nutrito club dei detrattori del lavoro pubblico è quella secondo cui gli avanzamenti di carriera avverrebbero tenendo conto esclusivamente (o prevalentemente) dell’anzianità di servizio e non del merito individuale. Anche qui, l’analisi del campione selezionato nel rapporto dimostra il contrario. Fra i criteri individuati per le progressioni economiche all’interno delle aree, infatti, l’anzianità di servizio molto spesso (quasi sempre) ha un peso inferiore alla valutazione della performance e ai requisiti culturali, in linea con le previsioni dei CCNL.
Insomma, un’altra brutta notizia per chi da anni inganna elettori e opinione pubblica sul presunto scandalo delle promozioni di massa regalate ai dipendenti pubblici.
Ma quello che si evidenzia di più è lo straordinario lavoro svolto a livello di contrattazione decentrata nei singoli enti per calibrare il peso dei diversi criteri considerati, adattando le soluzioni alle specificità dei singoli contesti. Ancora una volta si conferma la eccezionale versatilità dello strumento negoziale, che riesce ad applicare in modo intelligente e flessibile a livello decentrato i criteri generali fissati a livello nazionale.
Infine, qualche considerazione sul welfare integrativo. Nel rapporto ARAN si ammette che la contrattazione decentrata su questo tema è stata frenata dalla carenza di risorse, malgrado le previsioni contenute nell’accordo governo-sindacati del novembre 2016 e nel Patto per l’innovazione del marzo 2021. Le amministrazioni del campione Funzioni Centrali appaiono (tranne un caso) fra quelle più in ritardo, spia evidente di una difficoltà diffusa a far decollare la contrattazione sulle clausole previste dall’ex art. 80 del CCNL 2016-2018 (ora art. 55 CCNL 2019-2021): sostegno al reddito della famiglia, supporto all’istruzione e promozione del merito dei figli, contributi a favore di attività culturali, ricreative e con finalità sociale, prestiti a favore di dipendenti in difficoltà, polizze sanitarie integrative.
Nel pubblico come nel privato, la qualità del lavoro è determinata in gran parte dalla qualità della vita lavorativa e dal benessere organizzativo che si riesce a instaurare nei luoghi di lavoro. Sotto questo aspetto, purtroppo, il divario fra la Pubblica Amministrazione e il mondo delle imprese è ancora forte. Per la UILPA la risposta da dare è una sola: nel settore pubblico serve più contrattazione, più condivisione, più partecipazione dei lavoratori alla vita delle amministrazioni e alle scelte che li riguardano. Soprattutto a livello decentrato.
La contrattazione integrativa è il turbo che può far aumentare i giri del motore della macchina pubblica, se si è capaci di coglierne e valorizzarne le straordinarie potenzialità.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 31 marzo 2022