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Colombi. PNRR e riforma della P.A.: esclusione dei sindacati, privatizzazioni e stretta sul controllo del personale

Qualche giorno fa il Consiglio dei Ministri ha approvato definitivamente uno schema di decreto-legge che introduce ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.  Si tratta di un passaggio importante per la Pubblica Amministrazione perché presenta diverse novità in materia di concorsi pubblici, di comandi, distacchi e per il conferimento di incarichi di consulenza in chiave PNRR. 

Non mancano poi interventi specifici per incrementare il personale in alcune amministrazioni nonché misure per rafforzare le tutele in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Tutte materie sulle quali sarebbe stato utile coinvolgere preventivamente le organizzazioni dei lavoratori. Ma ormai si è capito da tempo che la cultura gestionale del “governo dei migliori” per quanto riguarda la P.A. – non prevede l’ascolto e la condivisione. 

Il risultato è un provvedimento che presenta forti criticità che ci auguriamo saranno affrontate e risolte prima della conversione in legge. 

Una prima criticità è quella che subordina la definizione dei nuovi profili professionali alle linee di indirizzo della Funzione Pubblica sui fabbisogni di personale, da emanare per decreto. A parte la farraginosità della procedura, non riusciamo a comprendere come questa norma possa conciliarsi con quanto previsto nei CCNL in materia di profili e competenze professionali. Ancora una volta, la politica sembra volersi riprendere la scena rispetto al libero confronto negoziale all’interno delle amministrazioni. Confronto che rischia così di essere condizionato, se non addirittura imbrigliato, dagli “indirizzi” governativi.

Una seconda criticità riguarda la prevista riforma dei concorsi pubblici perché le eventuali prove selettive per l’accertamento delle conoscenze e delle attitudini richieste dal bando potranno essere affidate anche a “imprese e soggetti specializzati nella selezione del personale” e addirittura le commissioni per le prove concorsuali potranno essere integrate da “esperti in valutazione delle competenze e selezione”. Dati i risultati meno che mediocri per non dire nulli dei privati che mettono piede negli uffici pubblici ci poniamo due domande. Sulla base di quali criteri saranno reclutati i selezionatori e gli esperti? Ci stiamo avviando verso la privatizzazione dei concorsi pubblici? Sembra proprio di sì e la cosa non dovrebbe allarmare solo il sindacato. Di esperti e consulenti esterni alla P.A. ce ne sono già troppi in troppi ambiti e in molti casi troppo ben pagati. Non si sente davvero il bisogno di spendere altri soldi dei contribuenti per affidarsi a società private che dovrebbero valutare le qualità di coloro che intendono accedere a un percorso professionale nell’ambito pubblico.

Una terza criticità del decreto riguarda la formazione. Se in altre occasioni abbiamo espresso apprezzamento verso il governo per l’intento di realizzare un ampio progetto di aggiornamento professionale e riqualificazione del personale in servizio, stavolta non nascondiamo le nostre riserve sulla curiosa variante etica e comportamentale della formazione annunciata nella bozza di decreto. Si prevede infatti di integrare i codici di comportamento con una sezione dedicata al corretto utilizzo dei mezzi di informazione e dei social network da parte dei dipendenti “al fine di tutelare l’immagine della pubblica amministrazione”. Ci chiediamo: a chi compete fissare i parametri in base ai quali un dipendente utilizza un social network in modo corretto? 

Nel decreto si prevede anche lo svolgimento di cicli formativi sui temi dell’ “etica pubblica e del comportamento etico” di durata e intensità proporzionata al grado di responsabilità dell’incarico rivestito. Dunque esiste un’etica differenziata in relazione al livello di inquadramento e alla posizione professionale? È chiaro che gli estensori dello schema del decreto hanno preso una cantonata. Ma si tratta di una cantonata che tradisce una mentalità gerarchica di vecchio stampo. 

Se si vuole far rispettare un’etica pubblica degna di questo nome occorre per prima cosa tenere il più possibile fuori dagli uffici pubblici i privati e i politici. In secondo luogo, se non si vuole che l’etica sia solo retorica occorre puntare sul serio sulla qualità del lavoro e sulla qualità dei servizi perché nella realtà concreta della vita amministrativa i comportamenti dipendono dalla buona organizzazione del lavoro, dalla qualità delle conoscenze, dalla capacità dei dirigenti e dall’esperienza professionale acquisita in anni di attività sul campo. 

Sandro Colombi, Segretario generale della UIL Pubblica Amministrazione

Roma, 30 aprile 2022