Il 7 ottobre scorso la Funzione Pubblica e il Dipartimento delle pari opportunità hanno sottoscritto un documento intitolato Linee guida sulla “parità di genere nell’organizzazione e gestione del rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni”.
Accogliamo con estremo favore la notizia non per seguire una moda culturale, ma perché la UILPA, quale sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori del settore pubblico, da sempre pone al centro della propria azione rivendicativa l’adozione di misure che favoriscano la parità di genere nei contesti lavorativi e, soprattutto, consentano di rimuovere ogni possibile situazione di pregiudizio a danno della componente femminile.
Solo a titolo di esempio ricordo alcune delle principali norme contrattuali che nel corso degli ultimi 25 anni abbiamo via via inserito negli accordi collettivi nazionali di comparto: dai congedi parentali alle aspettative per motivi familiari o personali; dai congedi per le donne vittima di violenza alla creazione in ogni singola amministrazione dei comitati per le pari opportunità, poi evolutisi nei comitati unici di garanzia; per non dire delle recenti e importantissime novità contrattuali in materia di regolamentazione del lavoro a distanza.
Consapevolezza, pragmatismo, flessibilità e apprendimento sono i quattro principi chiave a cui, secondo le Linee guida ministeriali, devono ispirarsi le amministrazioni nel definire la “check-list della parità di genere nel rapporto di lavoro con le PP.AA.” Ne vorrei aggiungere un quinto: fedeltà alle clausole contrattuali e ai principi che le ispirano. Perché nelle questioni di genere le situazioni di squilibrio derivano quasi sempre dalla carenza (quando non addirittura dall’assenza) di confronto con le rappresentanze dei lavoratori.
I fattori che frenano la carriera delle donne nella P.A. non riguardano tanto i meccanismi di incentivazione o la sfera delle responsabilità dirigenziali negli atti di pianificazione amministrativa, quanto piuttosto l’organizzazione del lavoro e l’atteggiamento datoriale rispetto alle istanze della componente femminile.
E siamo così arrivati al cuore del problema: l’organizzazione del lavoro in buona parte della P.A. oggi appare strutturata secondo logiche e criteri che non favoriscono le donne. E a dirla proprio tutta, la vita per le donne nella P.A. sembra più difficile nel 2022 rispetto a venti o trent’anni fa. Strano? Non troppo, se pensiamo alle mutilazioni cui è stato sottoposto il lavoro pubblico dalle scellerate politiche neoliberiste degli ultimi decenni. Mutilazioni, sì, perché, parliamo di tagli lineari, blocco del turn over, blocco dei contratti e via dicendo.
In quest’opera di demolizione della macchina amministrativa pubblica le Funzioni Centrali costituiscono un caso esemplare. Abbattendo i livelli occupazionali e disperdendo le professionalità si sono create le condizioni per un progressivo degrado dell’organizzazione del lavoro. Degrado che si è andato sempre più strutturando su: emergenza continua, richiesta di disponibilità incondizionata, pluralità di mansioni assegnate, scarsa possibilità di influenzare le decisioni, mancanza di feedback con i livelli superiori ecc. ecc. Tutte condizioni che, guarda caso, penalizzano le risorse umane gravate dai maggiori carichi di impegni extralavorativi.
Abbiamo letto dalla prima all’ultima riga le Linee guida ministeriali. A parte lo stucchevole e ormai fastidiosissimo inglesorum, sembra l’ennesimo libro dei sogni destinato a produrre altri inutili documenti di programmazione e a moltiplicare la burocrazia (è prevista la nascita dell’ennesimo osservatorio), gravando di ulteriori adempimenti gli uffici esistenti mentre le condizioni materiali di lavoro degli impiegati pubblici rimangono le stesse o addirittura peggiorano.
E allora che fare? Una cosa molto semplice: la Funzione Pubblica dovrebbe indirizzare alle amministrazioni delle linee guida sul rispetto dei diritti e delle tutele sanciti nei contratti collettivi di lavoro. Nello specifico del nostro tema, cominciamo finalmente a verificare sul campo se e quanto sono garantite le clausole contrattuali più utili alle donne, come ad esempio quelle che riguardano le flessibilità organizzative indispensabili a un’effettiva conciliazione vita-lavoro.
Sarebbe necessario che nei palazzi del potere politico e amministrativo qualcuno indaghi sulla realtà del lavoro pubblico prima di lanciarsi in progetti irrealizzabili. E in prospettiva sarebbe necessario che, sempre negli stessi palazzi, qualcuno si chieda se il lavoro pubblico dell’immediato futuro, fatto di basse retribuzioni, contratti precari e trasferimenti fuori sede, potrà ancora offrire una condizione di vita accettabile per le donne della P.A.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 10 ottobre 2022