L’ISTAT certifica e i nostri guardiani europei confermano: l’Italia lavora, produce e cresce. Nel 2021 il PIL italiano è aumentato del 7%, nel 2022 del 3,7%, mentre quest’anno la crescita si attesterà all’1,2%, e nel 2024 all’1,1%. Nonostante la flessione si prevede che nel prossimo biennio cresceranno sia le importazioni che le esportazioni, saliranno le retribuzioni e aumenterà la spesa delle famiglie.
Dobbiamo brindare? Alcuni lo faranno senz’altro. Noi no. Non possiamo farlo perché nel nostro Paese dilaga la povertà. Dilaga al punto da investire fasce sociali che fino a poco tempo fa si sentivano al sicuro: ad esempio i lavoratori del settore pubblico. I quali stanno finendo in gran numero in quel girone dei dannati chiamato “working poor”. In pratica, resti povero anche se lavori.
Ai politici, agli esperti e ai giornalisti che parlano di nuovo “miracolo” italiano chiediamo: visto che il PIL cresce e la povertà aumenta dove va a finire la ricchezza prodotta? Evidentemente non nelle tasche di chi la produce. E il lavoro pubblico oggi è l’emblema questa ingiustizia sociale.
Un’ingiustizia che al contempo prevede l’aumento della produttività, la progressiva riduzione degli investimenti nel personale e il blocco periodico delle retribuzioni in nome del contenimento della spesa pubblica. Certo, non tutti i dipendenti pubblici contrattualizzati sono colpiti allo stesso modo. Sicuramente chi è obbligato a mantenere una famiglia con 25-30mila euro lordi all’anno è maggiormente penalizzato.
Occorre prendere atto di due cose: 1) in Italia siamo in piena emergenza salariale; 2) è in atto una colossale truffa che sta sottraendo al lavoro pubblico la quota di ricchezza nazionale che gli spetta di diritto. Pertanto è tempo di restituire ai dipendenti dello Stato la parte di crescita economica che contribuiscono a dare al Paese attraverso il proprio impegno al servizio del bene collettivo.
Al ministro della Funzione Pubblica chiediamo di rinnovare con le OO.SS. lo spirito dell’accordo del 10 marzo 2021, garantendo da un lato il rinnovo contrattuale per il triennio 2022-2024 con le regole e nei tempi stabiliti per legge; e, dall’altro, gli incrementi economici per compensare la perdita del potere d’acquisto dei salari.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 9 giugno 2023