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Colombi. L’inflazione abbatte il potere d’acquisto dei salari e il CCNL è ancora alla firma

Pensavamo che piovesse, invece grandina. I dati ISTAT diffusi alla fine di aprile e riferiti al 1° trimestre 2022 non lasciano margini di dubbi: lo strombazzato aumento del PIL di qualche tempo fa cede il passo all’impressionante peggioramento della condizione economica dei lavoratori.

Nell’ultimo report sulle retribuzioni contrattuali l’Istituto nazionale di statistica afferma senza mezzi termini che: “La durata dei contratti e i meccanismi di determinazione degli incrementi contrattuali seguiti finora hanno determinato un andamento retributivo che, considerata la persistenza della spinta inflazionistica, porterebbe, nel 2022, a una perdita di potere d’acquisto valutabile in quasi cinque punti percentuali.”

Nel linguaggio comune ciò significa che milioni di persone con un lavoro regolare e una retribuzione stabile si stanno impoverendo. E possiamo solo immaginare il dramma dell’esercito di precari e disoccupati.

Ancora l’ISTAT: “L’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a marzo 2022 segna un aumento dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,7% rispetto a marzo 2021. In particolare, l’aumento tendenziale è stato dell’1,6% per i dipendenti dell’industria, dello 0,4% per quelli dei servizi privati ed è stato nullo per i lavoratori della pubblica amministrazione.”

Le retribuzioni dei pubblici dipendenti sono inchiodate al palo mentre l’inflazione galoppa: sempre l’ISTAT in un altro report certifica che l’indice dei prezzi al consumo ad aprile è pari al 6,2% su base annua. In pratica, il potere d’acquisto delle retribuzioni crolla per tutti, ma per gli statali crolla più di qualunque altra categoria.

Siamo arrivati a maggio e il CCNL 2019-2021 Funzioni Centrali attende ancora la firma definitiva. A questo punto sembra difficile che gli arretrati e gli incrementi contrattuali (già in buona misura mangiati dall’inflazione) possano arrivare con la busta paga del mese in corso.

Cosa si sta aspettando? Possibile che il governo non si renda conto del crescente malcontento nel mondo del lavoro? Malcontento che non riguarda solo i lavoratori dipendenti. Riguarda anche le imprese che vedono crollare ogni giorno di più i consumi.

Per il governo chiudere il CCNL non significa solo rispettare gli accordi presi con i sindacati significa rispettare la società che è chiamato ad amministrare. Ci aspettiamo che il senso di responsabilità prevalga in nome dell’interesse nazionale.

Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione

Roma, 3 maggio 2022