Tra i diversi segnali di un ritorno al passato registriamo il DPCM governativo sulle “Linee guida” per l’applicazione del green-pass nelle pubbliche amministrazioni. Il decreto instaura infatti un sistema di controlli che sembra uscito dalla penna di Kafka. E meno male che tra i principali obiettivi del PNRR c’era la semplificazione dei procedimenti amministrativi, lo snellimento delle procedure e la modernizzazione della Pubblica Amministrazione.
Nel decreto troviamo dieci pagine fitte di disposizioni su verifiche preventive e successive, divieti assoluti e obblighi tassativi, soggetti controllanti e controllati, intimazioni, attivazioni di procedimenti, comunicazioni, accertamenti, responsabilità amministrativa, responsabilità penale, sanzioni e chi più ne ha più ne metta. Altro che qualità dei servizi ai cittadini. Sembra che lo sforzo principale della macchina amministrativa pubblica consista nello stanare i furbetti del green-pass, costi quel che costi. E a proposito di costi, sarebbe interessante avere una stima del costo indiretto che graverà sulle finanze pubbliche il funzionamento dell’apparato di controllo sul green-pass nelle sedi della Pubblica Amministrazione.
Quante unità di personale dovranno impegnare ore e ore per conseguire la straordinaria performance di mettere alla porta gli impiegati colti in flagranza di no-pass? E quanto tempo verrà sottratto alle altre attività istituzionali per controllare e ricontrollare a tappeto e a campione ed eventualmente ricontrollare ancora il green-pass dei dipendenti? Le Linee Guida appena varate finiscono per incartarsi su sé stesse creando una pletora di situazioni che viaggiano sul crinale dell’ambiguità, si rivelano ingovernabili e foriere di difformità interpretative.
Quanto alle misure di sicurezza per gli utenti non obbligati al green-pass, il decreto scarica tutta la responsabilità sugli uffici. Neanche mezza parola sulle misure di sicurezza da adottare nei confronti dei lavoratori che dovranno operare a contatto (anche) con utenti non vaccinati e men che mai sulla sicurezza delle strutture pubbliche che, dal 15 ottobre, torneranno a riempirsi di personale in rientro dallo smart-working. Anzi no: per loro è prevista la possibile flessibilità degli orari, il cui unico scopo è quello di evitare gli assembramenti ai tornelli in entrata e in uscita.
Appare implicito che quello che sta per accadere all’interno delle strutture durante l’orario di lavoro in presenza (uso di spazi comuni, accesso alla mensa, riunioni, spostamenti, ecc.) non interessa a nessuno se non ai diretti interessati, che evidentemente dovranno gestire le situazioni affidandosi al buon senso, come del resto hanno sempre fatto da 18 mesi a questa parte.
Infine un tocco surreale: per venire incontro alle esigenze dei pendolari che intasano treni e autobus, i mobility manager delle amministrazioni definiranno i Piani Spostamento Casa Lavoro (PSCL). Non basta: in raccordo con i mobility manager dei comuni creati per decreto interministeriale, i mobility manager aziendali agiranno: “anche per la verifica complessiva e coordinata dell’implementazione dei PSCL e l’identificazione e la promozione di azioni di miglioramento complessivo dell’offerta di mobilità sul territorio di riferimento alla luce delle nuove fasce di ingresso e uscita dalle sedi di lavoro.”
Non nascondiamo il disagio provocato dalla lettura delle Linee Guida emanate ieri dal governo perché sembra che basti un decreto per far funzionare e subito. Il timore che avevamo paventato nei giorni scorsi diventa più forte: tra pochi giorni la Pubblica Amministrazione rischia di piombare nel caos. Un timore avvalorato dalla lettura di passaggi come questo:
“Nel caso in cui […] si dovesse rilevare una interruzione di servizio essenziale, il Sindaco o il datore di lavoro per le altre amministrazioni, potrà attivare, in via d’urgenza, convezioni tra enti senza particolari formalità. Ai medesimi fini può essere adottata ogni misura di riorganizzazione interna, quale mobilità tra uffici o aree diverse, idonea a fronteggiare l’eventuale impossibilità di poter impiegare personale sprovvisto di green pass”.
Convenzioni tra enti senza particolari formalità? Riorganizzazione interna? Mobilità tra uffici o aree diverse? Ma di cosa si parla? La soluzione alle carenze organizzative causate dai no-pass sarebbe quella di usare i dipendenti in regola col green-pass come tappabuchi di giornata da spostare qua e là a discrezione dei dirigenti? Davvero un bel modo per incentivare i “Volti della Repubblica” e ringraziarli del senso di responsabilità civica dimostrata scegliendo di vaccinarsi, anche se non erano obbligati a farlo.
Avevamo chiesto al governo di dare al mondo del lavoro pubblico un segnale di distensione e di apertura. Prendiamo atto che il nostro appello è rimasto inascoltato. Ma se qualche professionista della complicazione affari semplici pensa che la UILPA sia disposta a vedere la Pubblica Amministrazione andare alla deriva, per poi magari sentirsi dire che i privati sono più bravi, sappia che si sta sbagliando di grosso.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 13 ottobre 2021