Prosegue il crollo occupazionale del comparto Funzioni Centrali. Secondo il “Commento ai principali dati del conto annuale, periodo 2011-2020” della Ragioneria Generale dello Stato, alla fine del 2020 erano in servizio 214.335 dipendenti, circa 15mila in meno dell’anno precedente. Siamo di fronte a un trend iniziato ormai molti anni fa e che sembra inarrestabile: basti pensare che nel 2001 le amministrazioni delle Funzioni Centrali potevano contare su 330.400 dipendenti. In 20 anni è stato perso più di un terzo del personale.
Giusto per capire l’impatto sulla funzionalità dei servizi pubblici erogati, stiamo parlando di un comparto che comprende amministrazioni quali il Lavoro, la Giustizia, la Difesa, l’Interno, i Beni Culturali, la Transizione Ecologica, le Infrastrutture, l’Agricoltura, l’INPS, l’INAIL, l’Agenzia delle Entrate e così via. Domanda: in queste condizioni di continuo depauperamento professionale, come si può pensare di costruire una macchina amministrativa pubblica efficace ed efficiente?
Nel pubblico come nel privato, la professionalità è qualcosa che non si improvvisa. È il risultato di una lunga esperienza acquisita sul campo, di un percorso di crescita e di aggiornamento. La professionalità deriva anche da un processo di trasmissione delle competenze da una generazione all’altra. Trasmissione che nella P.A. manca quasi del tutto a causa della politica di selvaggia riduzione del personale adottata negli ultimi vent’anni.
Il problema demografico si riflette quindi nelle attuali carenze professionali. I dati relativi alla distribuzione dei dipendenti pubblici per classi di età sono impressionanti a tal punto che la stessa Ragioneria Generale dello Stato deve ammettere: “Nella classe 60-64 nel 2020 si trova molto più personale di quanto non sia mai accaduto, quasi un dipendente su sette si trova infatti in questa classe; di numerosità non trascurabile è diventata la classe 65-67, che ha superato quella 20-24.”
Nelle Funzioni Centrali, dove il tasso di turn-over dal 2019 al 2020 ha fatto registrare un saldo negativo del 7%, l’età media dei dipendenti ha raggiunto nel 2020 il poco invidiabile primato di 54,1 anni, con un incremento di 7 anni nell’ultimo ventennio. Gli over 55 sono 117.017 su 214.335 dipendenti, ossia il 55% dei lavoratori in servizio, record di tutta la P.A. dove, comunque, la media generale è del 41%.
Quanto alla spesa che grava sulla collettività, è la stessa RGS a informarci che il costo del lavoro complessivo del personale pubblico (comprese missioni, buoni pasto, formazione, assegni familiari, benessere del personale ecc.) è rimasto praticamente invariato dal 2011 al 2020, malgrado l’aumento retributivo derivante dai rinnovi contrattuali del triennio 2016-2018. Addirittura, nelle Funzioni Centrali il costo del lavoro nel 2020 è risultato inferiore di circa 2 miliardi rispetto al 2011, mentre in percentuale rispetto a tutta la P.A. è sceso nello stesso periodo dall’8,3% al 7,0%.
Servono altri numeri per concludere che il lento declino delle amministrazioni centrali è conseguenza di un preciso disegno politico? No, non servono. La logica di questo disegno è chiara: privatizzare i servizi pubblici perché l’offerta di beni e servizi privati è superiore alla domanda e gli imprenditori cercano il profitto negli spazi dell’economia pubblica appropriandosene con la complicità dei governi. Dinanzi a una classica crisi di sovrapproduzione del capitalismo le imprese private mungono a più non posso finanziamenti pubblici e si appropriano dei servizi che lo Stato eroga ai cittadini.
Ma più di tanto i servizi pubblici non sono privatizzabili. E così coloro che negli ultimi vent’anni hanno fatto a pezzi la macchina amministrativa dello Stato ora si trovano nei guai dinanzi alla necessità realizzare i progetti collegati al PNRR. E così ricorrono a mosse disperate come richiamare in servizio i pensionati o prevedere contratti di lavoro autonomo per professionisti senza passare dai concorsi pubblici. Nello stesso tempo, le dotazioni organiche continuano ad assottigliarsi e i nuovi ingressi in pianta stabile non bastano a compensare le uscite. Scrive ancora RGS: “Il comparto delle Funzioni centrali ha il più basso rapporto di sostituzione; il tasso medio nel decennio considerato è pari a 0,32 (…) Ciò significa che mediamente nel decennio c’è stato un solo nuovo assunto a fronte di tre cessazioni”.
In termini di risorse e di personale la RGS fotografa l’impoverimento costante della macchina amministrativa dello Stato. Eppure, c’è ancora chi pensa che il problema della P.A. sia quello di trovare l’algoritmo giusto per misurare la produttività dei dipendenti ai fini della retribuzione accessoria. Ben altri sono i problemi come dimostrano i dati ufficiali. Per il bene dell’Italia saremmo tentati di chiedere alla politica una svolta. Ma ci sono oggi politici lungimiranti in grado di realizzarla?
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 27 maggio 2022
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