Ai detrattori della Pubblica Amministrazione consigliamo di leggere il “Rapporto sui livelli e sulla qualità dei servizi offerti dalle pubbliche amministrazioni ai cittadini e alle imprese” presentato al CNEL il 22 aprile scorso. Potrebbero così rendersi conto sia della complessità dei settori nei quali spazia l’attività dei dipendenti dello Stato sia di quanto è ampia la gamma di competenze richieste per operare al servizio della società del terzo millennio.
Alla presentazione del Rapporto del CNEL, realizzato da un folto gruppo di tecnici, esperti, accademici e rappresentanti di parte amministrativa ha partecipato anche il Ministro Brunetta. Tale documento ha il merito di smentire una lunga serie di stereotipi sui dipendenti pubblici perché a occupare la scena è il lavoro nella sua dimensione di produttore di rendimenti misurabili in rapporto al benessere di famiglie e imprese.
Se è vero che in questi ultimi tempi l’attenzione della politica verso la P.A. si è risvegliata sotto la pressione della pandemia e della mole di attività connesse all’attuazione del PNRR, è altrettanto vero che la stessa P.A. trova la sua ragion d’essere a prescindere dal PNRR. Dunque, è a monte di eventi contingenti che va sviluppato il ragionamento su ciò che oggi la P.A. italiana è (o potrebbe essere) in grado di offrire rispetto alle istanze, alle aspettative e alle emergenze del Paese.
Ciò che va scongiurato è l’errore di osservare la P.A. di oggi e quella del futuro inforcando gli occhiali del PNRR, perché in tal modo si rischia di deformare la prospettiva dei problemi e delle soluzioni. Occorre invece pensare alla macchina amministrativa pubblica come una struttura che agisce a 360 gradi nella società e incide in modo determinante sullo sviluppo economico e sulla qualità della vita dei cittadini.
Mai come oggi la P.A. è un’organizzazione dinamica, dotata di capacità innovativa e di un patrimonio di competenze interne immenso, sebbene impoverito dalle folli politiche neoliberiste perseguite negli ultimi decenni da governi di tutti i colori politici. Proprio leggendo il Rapporto sulla qualità dei servizi pubblici del CNEL si comprende meglio l’insensatezza di trasferire risorse e servizi pubblici ai privati. Uno Stato che disinveste nel lavoro pubblico disinveste nel proprio futuro.
Sia dal Rapporto del CNEL sia dagli interventi degli ospiti durante la presentazione sembrerebbe di trovarci di fronte a un’inversione di tendenza. A noi piacerebbe davvero pensarlo. Per questo abbiamo ascoltato con interesse le parole del Ministro Brunetta. Parole che hanno un suono molto diverso da quelle di qualche anno fa. Eppure, qualcosa ancora non torna.
E qualcosa non torna perché il capitale umano della P.A. non si fabbrica semplicemente aumentando il numero dei laureati o cambiando le regole dei concorsi. È un patrimonio che va costruito pazientemente e produce effetti in tempi non sempre facili da prevedere, comunque a valle di un percorso di programmazione, selezione e formazione professionale che può durare diversi anni.
Diamo atto al Ministro di aver riportato d’attualità il tema del ricambio generazionale nella P.A. e quello della formazione. Ma non riusciamo davvero a comprendere come si possa immaginare il consolidamento e lo sviluppo della macchina pubblica con un’ondata da un milione di posti di lavoro a termine entro il 2026. Evidentemente sono gli occhiali del PNRR a deformare la prospettiva.
Siamo chiari: il futuro della P.A. va oltre il PNRR e il precariato non è la strada giusta. La qualità del lavoro, pubblico o privato che sia, non è mai migliorata e non può migliorare grazie ai rapporti a termine, perché i precari sono costretti a lavorare in una condizione psicologica e giuridica che non favorisce il loro inserimento nei cicli produttivi né la loro crescita professionale: non hanno il tempo di acquisire le competenze necessarie per svolgere le funzioni di cui hanno bisogno le strutture in cui operano e quasi sempre vengono esclusi dalla formazione perché le amministrazioni preferiscono investire su chi garantisce la continuità operativa.
Per chiudere, mi auguro che nella prossima edizione del Rapporto ci sia spazio anche per un contributo delle organizzazioni sindacali. Sono convinto che nessuno meglio delle lavoratrici e dei lavoratori della P.A. sia in grado di cogliere l’andamento della qualità dei servizi pubblici, visto che conoscono dall’interno le dinamiche di funzionamento e vivono in prima persona le criticità. Sarebbe un modo per arricchire il dibattito.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 26 aprile 2022