L’ultimo rapporto semestrale ARAN sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti mette in luce, tra l’altro, un fenomeno singolare: negli ultimi dieci anni le retribuzioni medie annuali dei dipendenti pubblici sono cresciute assai meno di quelle del settore privato nonostante la leggera impennata degli ultimi quattro anni dovuta esclusivamente ai Contratti Collettivi Nazionali sottoscritti nel 2018 e nel 2022 dopo il blocco decretato nel 2010.
Nell’arco di dieci anni le variazioni percentuali delle retribuzioni nella P.A. sono rimaste nettamente al di sotto di quelle dei privati, malgrado gli ultimi adeguamenti stipendiali e il pagamento dei relativi arretrati. Fra i non dirigenti il confronto è addirittura umiliante: + 4,9% per i pubblici, + 11,6% per i privati. Umiliante sia per chi lavora nella P.A. sia per il datore di lavoro pubblico che offre ai “Volti della Repubblica” condizioni così penalizzanti.
Ad aggravare le cose va aggiunto che: 1) nello stesso periodo 2013-2022 l’inflazione cumulata ha raggiunto il 13,8% (dato 2022 aggiornato a settembre); 2) il blocco dei rinnovi contrattuali già dal 2010 aveva determinato una perdita costante del potere d’acquisto degli stipendi pubblici. Insomma, nessuna categoria ha pagato un prezzo così alto in termini di impoverimento sociale. Ecco perché il lavoro pubblico è sempre meno appetibile.
Questo è lo stato in cui si trovano oggi in Italia 2,4 milioni di dipendenti pubblici contrattualizzati, il cui contratto è scaduto da oltre un anno mentre l’inflazione galoppa e i sommi sacerdoti del neo-liberismo si dicono preoccupati. Non dall’impoverimento dei lavoratori, ma dal “rischio” che si concedano aumenti di stipendio ai lavoratori impoveriti.
Decisamente c’è qualcosa non funziona in un sistema economico e sociale dove le massime istituzioni finanziarie internazionali si augurano un peggioramento delle condizioni di vita dei cittadini. O dove lo Stato lascia lentamente scivolare verso la povertà la forza-lavoro che dovrebbe mandarlo avanti. Occorre che il datore di lavoro pubblico riconsideri le sue politiche. Altrimenti la conflittualità non potrà che aumentare.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 12 gennaio 2023