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Colombi. Consulenti esterni, la performance chi la misura?

Dai dati della Funzione Pubblica emerge che nel triennio 2020-2022 le pubbliche amministrazioni hanno impegnato circa un miliardo all’anno in consulenze esterne. Come si suol dire, la domanda sorge spontanea: con quali ritorni per le amministrazioni interessate? Solo il committente può saperlo. E allora in nome della trasparenza sarebbe molto utile che il committente dichiarasse pubblicamente quale beneficio, conoscenza, risultato ha ottenuto la Pubblica Amministrazione dalla consulenza esterna.

Ma, che risulti a me, così non è. Motivo per cui il mondo delle consulenze esterne è in genere percepito come assai opaco. La stessa Anagrafe delle prestazioni ci mostra una fitta giungla di società e persone fisiche che svolgono attività professionali all’interno delle pubbliche amministrazioni e la cui utilità è troppo spesso da dimostrare.

Nel triennio sopra considerato registriamo una media di 133mila incarichi conferiti all’anno. Un traffico che non fa che alimentare i dubbi sull’efficacia dei tanto sbandierati sistemi di misurazione della performance nella P.A. Questo perché se si confronta l’importo medio dei compensi liquidati per incarichi esterni (6.572 € nel 2020, 5.518 € nel 2021, 3.844 € nel 2022) con la media di 500 euro annui dei assegnati ai dipendenti pubblici, sottoposti però al controllo microscopico della loro produttività per mezzo del kafkiano “ciclo della performance”, è evidente che si adottano due pesi e due misure.

Sia chiaro: non intendiamo allestire nessun processo alle consulenze esterne. Tuttavia ci sembra che qualche forma di controllo oggettivo dei risultati conseguiti vada introdotto, se non altro per coerenza con la logica di performance management che la P.A. italiana ha adottato nei confronti dei propri dipendenti. Se le consulenze esterne sono utili, allora ben vengano; ma se non lo sono vanno tagliate. E se l’attività svolta dai consulenti esterni è un doppione di quella svolta dal personale di ruolo, allora quegli incarichi sono da eliminare e le risorse recuperate devono andare a incrementare i fondi per la produttività del personale.

Per chiudere: ovunque esistano professionalità in grado di svolgere gli incarichi assegnati a soggetti esterni, occorre procedere a re-internalizzare le attività e a incrementare le quote di produttività da distribuire secondo i criteri fissati dalla contrattazione. Magari ci si accorgerà che le amministrazioni avranno pure risparmiato bel po’ di quattrini.

 

Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione

Roma, 24 febbraio 2023