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CNEL. Troppi avvicendamenti ai vertici hanno impedito la continuità delle relazioni sindacali. Intervista
ad Angelica Picciocchi

Angelica Picciocchi, Coordinatrice generale UILPA Cnel

Negli anni passati diversi politici hanno chiesto l’abolizione del CNEL. Non se ne è fatto nulla, ma quella battaglia pesa ancora oggi?

 

Sì, e non in senso positivo. Ci troviamo infatti in una situazione di stasi che ormai si protrae da parecchio tempo. Ciò è in parte dovuto a quanto lei accennava, ossia alla recente storia del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Il quale nel 2016 è passato al vaglio del referendum sulla riforma costituzionale che ne proponeva l’abolizione e che, ancora oggi, fa fatica a recuperare la piena funzionalità e la compiutezza del ruolo che la Costituzione gli assegna, nonostante l’espressione popolare a favore della sua sussistenza.

 

Il nuovo ordinamento professionale prevede di rimettere in moto le carriere attraverso le progressioni all’interno e fra le aree. Resta però l’ostacolo della carenza di risorse economiche per la contrattazione decentrata. Qual è la situazione nella sua amministrazione?

 

Registriamo un forte ritardo nell’applicazione del vigente contratto, che ci faciliterebbe le progressioni di carriera – cosiddette verticali tra aree – in virtù delle clausole di prima applicazione e in deroga alla normativa di settore. Purtroppo le risorse sono di fatto limitatissime, lo 0,55% del monte salari 2018. Queste condizioni potrebbero tuttavia consentire al CNEL la progressione di quattro colleghi operatori nell’area assistenti e di un collega assistente all’area funzionariale. Si tratta di ben poca cosa che, peraltro, considerate le altre priorità della nostra Amministrazione, difficilmente riusciremo a conseguire nel 2023. È evidente che sarebbe opportuno quantomeno triplicare, in sede di rinnovo contrattuale, le risorse dedicate a soddisfare le annose legittime aspettative di colleghi che, pur in assenza di riconoscimenti, hanno accresciuto la propria professionalità conseguendo titoli e partecipando a corsi di formazione ampliando le proprie conoscenze e competenze rispetto alla digitalizzazione delle procedure.

 

Piano dei fabbisogni, organizzazione degli uffici, lavoro a distanza, formazione: nel suo ente quanto è forte il coinvolgimento del sindacato rispetto alle scelte di programmazione strategica che ricadono sul personale?

 

Stiamo denunciando in tutti i modi il mancato coinvolgimento nella definizione dei fabbisogni, nell’organizzazione degli uffici, nell’elaborazione dei piani formativi. Addirittura, siamo in difficoltà per l’istituzione degli stessi organismi paritetici previsti dal CCNL. Per quanto riguarda il CNEL, facciamo un’enorme fatica a riprendere e assicurare stabilmente corrette relazioni sindacali. Indubbiamente, pesa lo scampato rischio di abolizione, ma anche il rinnovo della Consiliatura e della Presidenza del CNEL, e l’incredibile girandola di avvicendamenti di vertice dell’ultimo quinquennio: cinque segretari generali, tre direttori generali, tre dirigenti delle risorse umane. Un incredibile tourbillon di interlocutori che ha reso impossibile la tenuta delle relazioni sindacali. Due settimane fa abbiamo avuto il primo incontro conoscitivo, con l’ennesima nuova delegazione trattante di parte pubblica, e siamo in attesa della successiva convocazione – che già tarda a venire – per entrare finalmente nel merito dei problemi del personale.

 

L’art. 55 dell’ultimo CCNL ha previsto che le risorse dei sussidi assistenziali siano utilizzate per finanziare varie forme di welfare, tra cui la stipula di polizze per l’assistenza sanitaria integrativa. Da voi come sta procedendo l’attuazione di questa clausola?

 

Noi non siamo riusciti ancora a dare applicazione a questa clausola riguardante il welfare. È anche vero che, grazie a una normativa interna, esiste da noi un fondo sussidi con il quale, storicamente, abbiamo coperto le spese per le varie voci assistenziali, tra cui quelle della polizza sanitaria.  Purtroppo, le condizioni della polizza nell’ultimo rinnovo si sono rivelate di gran lunga peggiorative, al punto che ormai si fatica a garantire anche la prevenzione minima. Per fare un esempio: nell’ultima versione non è più prevista la mammografia, che costituisce la base preventiva per ogni donna. Mi risulta che anche in altre amministrazioni le condizioni delle polizze sanitarie sono peggiorate e mi chiedo se il sindacato non possa far valere la propria forza contrattuale con le compagnie assicuratrici per ottenere condizioni migliori per i lavoratori, condizioni omogenee in tutte le amministrazioni del comparto.

 

Che cosa si aspettano dal sindacato – e dalla UILPA in particolare – i giovani che sono da poco entrati a lavorare nella sua amministrazione?

 

Questa è una domanda difficile. Intanto, perché siamo un’amministrazione piuttosto anziana e il turn-over è pressoché nullo; poi, perché la sensibilità verso la sindacalizzazione va indebolendosi sempre di più, proprio in questa Istituzione, che è la “Casa dei sindacati”. Penso che occorra una maggiore presenza sindacale nelle amministrazioni. Una presenza vera, che sia in grado di adattarsi alle diverse specificità. Bisogna puntare al rapporto con le persone, più che ai servizi da offrire e soprattutto i giovani, ma non solo, si aspettano che il sindacato faccia applicare i contratti nei luoghi di lavoro.

 

Roma, 4 dicembre 2023

 

A cura dell’Ufficio comunicazione UIL Pubblica Amministrazione

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