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Cnel. Sicurezza e sfruttamento del lavoro

di Larissa Venturi*

Il 16 settembre il CNEL è stato audito dinanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati. Si tratta di temi particolarmente carichi di valenza sociale, sui quali il Governo è intervenuto con una serie di provvedimenti contenuti nell’art. 13 del Decreto-legge n. 146/2021 resi necessari anche alla luce delle drammatiche evidenze di cronaca.

Nella memoria illustrata in Senato il Consiglio ha evidenziato come, a prescindere dalla questione della definizione degli strumenti da attivare per tutelare i lavoratori di fronte ai rischi della pandemia, il binomio “lavoro e sicurezza” connoti in Italia problemi ben più estesi e più risalenti rispetto a quelli nati con la pandemia.

Il CNEL ha sottolineato come esista innanzitutto una accezione della sicurezza che riguarda il rafforzamento della capacità dei lavoratori di adattarsi positivamente alle innovazioni e alle rapide trasformazioni che investono il mondo lavoro. Vi è, inoltre, un endemico problema di carenza degli investimenti che consentirebbero di accrescere la conoscenza delle esatte dimensioni di fenomeni tanto estesi quanto drammatici come gli infortuni sul lavoro, e per acquisire maggiore consapevolezza dei rischi connessi all’insorgenza delle malattie professionali. Vi è, soprattutto, l’esigenza di contrastare in modo deciso i gravi fenomeni di intermediazione illegale della forza lavoro, spesso collegati alla concentrazione su determinati territori di manodopera straniera non sempre in possesso dei requisiti di regolarità. Come ha sottolineato il presidente Treu, “il problema del contrasto alle pratiche di caporalato e dell’adeguata attuazione della legge n. 199/2016 si affianca a quello della piena esecuzione dell’impianto normativo vigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro e della relativa attuazione, che a sua volta si innesta su quello, enorme, della diffusione del lavoro irregolare”.

L’irregolarità del rapporto di lavoro è strettamente legata al dramma degli infortuni sul lavoro. La frequenza delle irregolarità rilevate e la gravità delle conseguenze prodotte pongono in primo piano un aspetto culturale di fondo, relativo al “terreno di gioco” su cui lavoratori e datori di lavoro si incontrano e alla centralità che nella società deve avere la promozione dell’educazione alla legalità in materia di lavoro. Per contrastare la mentalità elusiva delle tutele e delle regole, occorre riuscire a trasmettere l’idea che una impresa che rispetta le regole è sana e per questo meritevole di sostegno rispetto alle concorrenti che fondano il loro vantaggio su pratiche sleali e sull’aggiramento delle norme.

Al di là dei confronti europei, che vanno nella direzione indicata dalla Direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento UE e del Consiglio del 20 giugno 2019 sulle condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili, il CNEL ha ritenuto prioritario segnalare le difficoltà finora riscontrate dall’INL nell’assolvimento del ruolo di agenzia ispettiva unica e nell’esercizio del coordinamento delle funzioni svolte da altri soggetti istituzionali, esercizio che avrebbe dovuto essere, nelle intenzioni del legislatore, uno dei principali obiettivi della riforma del 2015. I dati che emergono dai monitoraggi dell’Ispettorato evidenziano come i fenomeni legati alle varie forme di irregolarità siano connessi all’evoluzione del mercato del lavoro nei diversi settori economici e sul territorio. L’analisi dei dati che emergono dai controlli traccia un quadro sia delle principali tendenze della domanda e dell’offerta di lavoro nel Paese, sia dei più rilevanti fenomeni patologici che caratterizzano il mercato. Il Rapporto INL 20201 ha evidenziato che “le irregolarità nei settori che portano servizi alle imprese sono riconducibili, quasi sempre, a forme illecite di esternalizzazione ed interposizione di lavoro”. Qualunque sia il settore (codice Ateco) in cui operano le aziende, la percentuale di irregolarità rilevata non scende mai sotto il 50%. La grandissima maggioranza (96%) delle aziende che hanno ricevuto le ispezioni e sono state ritenute irregolari aderisce alla conciliazione monocratica, procedura avviata in fase di intervento ispettivo o a seguito di denuncia e che permette la definizione dell’accertamento senza sanzioni, con strumenti di tutela sostanziale, e cioè con il semplice adempimento (retributivo e contributivo) previsto nel verbale. Nel corso dell’audizione le parti sociali rappresentate presso il CNEL hanno rinnovato sui temi della sicurezza le posizioni espresse meno di due anni fa dal Consiglio in occasione di una audizione informale presso la XI Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera sul disegno di legge concernente modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 nonché altre disposizioni sulla vigilanza, la salute e la sicurezza sul lavoro, la prevenzione e l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali – AC 12662. Anche allora l’analisi prendeva le mosse dalla situazione infortunistica nel Paese, segnale di una diffusa anomalia del nostro sistema produttivo che investe l’organizzazione delle condizioni di lavoro in un numero ancora troppo grande di imprese, con concentrazione riscontrabile in talune tipologie, dimensioni e in specifici settori di attività.

Oggi, dopo la fase acuta dell’epidemia e con dati sulla crescita macroeconomica incoraggianti per il consolidamento della ripresa, occorre vigilare per evitare che tale ripresa generi, accanto all’auspicata crescita, un arretramento sul fronte della sicurezza e della tutela della salute della forza lavoro. La fenomenologia degli infortuni rappresenta infatti il segnale che un pezzo di sistema produttivo pratica, a spese della parte sana del mondo imprenditoriale, forme di concorrenza sleale le cui conseguenze si scaricano sullo stato sociale e sulla collettività.

Sotto tale aspetto il CNEL ritiene ancora valida la disamina che suggeriva di cercare l’origine dei problemi aperti in materia di salute e sicurezza (nel quale vanno ricomprese tutte le situazioni che permangono sotto la soglia di attenzione istituzionale a causa delle omesse denunce) nella estensione del fenomeno del lavoro irregolare e nella instabilità e frammentazione delle tipologie contrattuali. L’azione pubblica di prevenzione e contrasto dei fattori di rischio nei contesti lavorativi incontra ancora un serio ostacolo nella dispersione delle competenze in una pluralità di soggetti e livelli istituzionali, non sempre coordinati fra loro. Particolare riguardo andrebbe dedicato al raccordo fra le attribuzioni di competenza dell’INL e quelle delle ASL, la cui attività viene svolta secondo linee guida definite rispettivamente in sede ministeriale e regionale.

Appare non rinviabile quanto previsto nel PNRR in materia di politiche attive del lavoro e occupazione, con specifico riguardo al Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso di cui alla missione 5, componente 1,

riforma 1,2: entro il 2022 il nostro Paese dovrà definire un programma di azione nazionale, da realizzare  compiutamente entro il 2024, per rafforzare l’attività di contrasto al lavoro sommerso nei diversi settori dell’economia, con un approccio interistituzionale e facendo tesoro dell’esperienza acquisita nel campo dell’agricoltura con il “Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-2022)”.

Tutte le azioni di contrasto ai fenomeni elusivi in termini di regolarità lavorativa muovono dal presupposto della necessità di rafforzare le strutture pubbliche di vigilanza e controllo. Con riferimento alla strutturale carenza di personale ispettivo, il CNEL ha ripetutamente richiamato l’attenzione del legislatore sulla necessità di intraprendere un percorso di nuove e qualificate assunzioni nei settori pubblici di maggiore rilevanza strategica, fra i quali certamente rientra a pieno titolo la vigilanza in materia di sicurezza. La centralità del tema salute e sicurezza sul lavoro richiede che tutti gli attori politici e sociali assumano la consapevolezza che la complessità è un fattore tecnicamente implicito alla legislazione. Di conseguenza le soluzioni introdotte devono essere in grado di facilitare l’attuazione delle norme, sia per gli aspetti di pertinenza dei datori di lavoro che dei lavoratori. È a tal fine utile riconoscere la diversa tensione che si registra all’interno del sistema produttivo in relazione ai rischi connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa, indirizzando maggiormente le risorse e le azioni di intervento verso ambiti e settori nei quali si registrano le maggiori criticità, senza trascurare i rischi di una inadeguata organizzazione del lavoro in termini di stress lavoro-correlato (ritmi e carichi di lavoro, non chiarezza di ruolo, scarsa formazione, ecc.).

INAIL e ISTAT evidenziano che il numero maggiore di infortuni si verifica in imprese di piccole dimensioni che svolgono attività prevalentemente in appalto e in settori di attività caratterizzati da contenuti professionali non particolarmente elevati. È pertanto lecito ipotizzare che parte degli infortuni sia legata alle caratteristiche del ciclo produttivo e alla scarsa diffusione della cultura della sicurezza in determinate realtà lavorative, piuttosto che a una deliberata volontà di infrangere le prescrizioni imposte dalla normativa. Per questo il CNEL ritiene che l’azione congiunta di parte datoriale e rappresentanze (di natura contrattuale e tecnica RSA/ RSU-RLS/RLST) costituisca un valore aggiunto non solo ai fini del rispetto delle norme in materia (come ad es. quelle sulla formazione), ma anche dei risultati effettivamente conseguiti in termini di miglioramento organizzativo all’interno di ciascuna unità produttiva. Dove, infatti, il confronto fra le parti sociali si è sviluppato in modo costruttivo e strutturato, i risultati in termini di miglioramento della sicurezza dei lavoratori non sono mancati.

L’esperienza della pandemia dimostra che il ruolo della contrattazione collettiva è centrale nel prevedere l’adozione di misure specifiche che favoriscano la diffusione della cultura della prevenzione e della sicurezza nelle unità produttive, presupposto essenziale per creare le condizioni favorevoli a un’applicazione diffusa e consapevole delle norme esistenti e delle specifiche intese sottoscritte dalle parti sociali3. A tale riguardo è condivisa la convinzione che la contrattazione collettiva e, in generale, i sistemi partecipativi contribuiscano ad accrescere e rafforzare il senso di responsabilità sociale di tutti gli attori del sistema produttivo, a cominciare proprio dai temi della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Si tratta di argomenti che trovano nel sistema relazionale definito dai CCNL “l’ambito più consono per attuare quanto disposto sul piano normativo e per garantire un miglioramento continuo di tali aspetti”4.

Si tocca, qui, l’annosa questione della rappresentatività dei soggetti negoziali che firmano gli accordi dove sono definite le clausole di organizzazione della produzione che hanno impatto sulla tutela della salute e sulla prevenzione e protezione sul lavoro. Questo Consiglio sta sviluppando nel merito alcune riflessioni che emergono dall’analisi del materiale depositato presso l’Archivio nazionale dei contratti5. Con oltre 900 accordi di contrattazione collettiva nazionale vigenti nei settori del lavoro privato, l’Italia rappresenta un caso unico nel panorama internazionale: da un lato, una enorme diffusione della contrattazione di primo livello, cosa che permette al Paese di vantare un tasso medio di copertura contrattuale dei lavoratori fra i più elevati d’Europa e, dall’altro lato, presenza di una pluralità di soggetti negoziali, sia di parte datoriale che sindacale, dei quali non si conosce l’effettivo grado di rappresentatività.

Per fare un solo esempio virtuoso, si pensi al recente CCNL metalmeccanici sottoscritto da Federmeccanica, CGIL, CISL e UIL il 5 febbraio 2021 e alle previsioni innovative che esso contiene in materia di salute e sicurezza: dall’avvio dei break formativi aziendali al potenziamento del ruolo della commissione paritetica nazionale salute e sicurezza, dalla rilevazione dei casi di near-miss all’adozione del metodo Root Cause Analysis per interpretare l’evento lesivo e identificarne le cause6.

Analogo livello di qualità delle misure in materia di salute e sicurezza si riscontra nel CCNL metalmeccanici per le piccole e medie imprese sottoscritto da CONFAPI-C- GIL-CISL-UIL nel maggio 2021, dove emerge la volontà delle parti di affrontare il tema secondo un approccio che stimoli l’effettivo processo di introiezione, da parte dei lavoratori, dei rischi lavoro-correlati e dei conseguenti comportamenti da adottare come normale prassi di attività quotidiana; di qui la scelta di puntare su una dimensione capillare del processo formativo in azienda nell’ambito di ciascun segmento di processo produttivo, con la previsione di un feedback da parte dei destinatari della formazione che fornisca riscontro misurabile dell’efficacia degli insegnamenti impartiti. Altri accordi nazionali depositati al CNEL, firmati da altri soggetti, presentano standard di riferimento in materia di clausole per la tutela della salute e della sicurezza purtroppo molto diversi da quelli appena descritti, anche se incidono nello stesso settore produttivo.

* L’articolo è tratto dal notiziario “Mercato del lavoro” – 04/2021

1. https://www.ispettorato.gov.it/it-it/studiestatistiche/Documents/Rapporto-annuale-attivit%c3%a0-di-tutela-e-vigilanza-2020-signed.pdf  

2. https://www.cnel.it/Documenti/Audizioni-del-Presidente

3.https://www.cnel.it/Documenti/Rapporti, Rapporto 2020, cap. 4, pp. 89 e ss.

4.. Cit., p. 367.

5. https://www.cnel.it/Portals/0/CNEL/Reports/CCNL/13%C2%B0_report_CCNL_vigenti_30_06_2021.pdf?ver2021-07-20-144756-037

6. Notiziario CNEL n. 1/2021, https://www.cnel.it/Portals/0/CNEL/NotiziariCcnl/2021/Notiziario%20Mercato%20Lavoro_1_2021.pdf?ver=2021-03-05-092733-787