Così come previsto dalla legge di stabilità approvata a fine dicembre, che stabiliva l’erogazione di un incentivo per la natalità, l’Inps, con la circolare n. 93 dell’ 8 maggio u.s. a seguito del Dpcm (G.U. n. 83 del 10/4/2015), attuativo della nuova disposizione e vigente dal 27 aprile 2015, ha fornito le prime indicazioni per accedere al cosiddetto “bonus bebè”.
Il Governo Renzi, nella sua consueta fase di “annuncio”, raccontava agli italiani che per accedere al bonus bebè il tetto di reddito sarebbe stato stabilito a 90mila euro, per arrivare, dopo l’approvazione della finanziaria, ad una platea di beneficiari ristretta drasticamente a 25mila euro di certificazione ISEE. Infatti, nella legge di stabilità varata a fine 2014 dal governo Renzi, attraverso l’ISEE si stabiliva il reddito famigliare (riguardante tutti i membri del nucleo e non solo del contribuente!), secondo le nuove disposizioni dell’indicatore di situazione economica equivalente.
L’importo del bonus bebè è stato stabilito in 960 euro annui (80 euro al mese) per ogni figlio nato o adottato tra il 1º gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, che sarà corrisposto mensilmente dall’INPS a decorrere dal mese di nascita o di ingresso nel nucleo familiare.
Il bonus potrà essere percepito fino al compimento del terzo anno di età del bambino o del terzo anno di ingresso in famiglia a seguito dell’adozione o dell’affidamento preadottivo.
Per poter usufruire del bonus il requisito deve essere che il nucleo familiare del genitore richiedente, al momento di presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio, sia in possesso di un Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) in corso di validità non superiore a 25.000 euro. Per i nuclei famigliari in possesso di ISEE non superiore a 7.000 euro annui, l’importo raddoppia a 180 euro al mese pari a 1.920 euro l’anno.
La domanda può essere presentata da uno dei genitori entro 90 giorni dalla nascita oppure, in caso di adozione, dalla data di ingresso del minore nel nucleo familiare. In tale caso l’assegno spetta a decorrere dal mese di nascita o di ingresso in famiglia. Qualora la domanda sia presentata oltre il termine di 90 giorni, l’assegno decorre dal mese di presentazione della domanda.
Nel periodo transitorio, per le nascite o adozioni avvenute tra il 1° gennaio ed il 27 aprile 2015 (data di entrata in vigore del Dpcm 27/2/ 2015), i termini di 90 giorni scadono il 27 luglio 2015. Se la domanda è presentata oltre questa data, l’assegno spetta a decorrere dalla data di presentazione della domanda.
L’Inps precisa che l’assegno è erogato per un massimo di 36 mensilità che si computano a partire dal mese di nascita/ingresso in famiglia. La domanda di assegno va inoltrata all’Istituto assicuratore esclusivamente in via telematica mediante le consuete modalità previste, e attraverso gli enti di Patronato.
Ad avanzare la richiesta dovrà essere un genitore, una sola volta per ciascun figlio, fornendo adeguata autocertificazione che sarà sottoposta al vaglio dell’ente di previdenza per la verifica dei requisiti. Particolare attenzione si dovrà dare alla clausola di salvaguardia prevista nella circolare: l’Inps deve monitorare mensilmente l’andamento delle spese, comunicandole al Tesoro e al ministero del Lavoro. Ciò significa che, se nei primi tre mesi il monitoraggio mostrasse un superamento delle spese rispetto alle previsioni (202 milioni di euro per l’anno 2015; 607 milioni di euro per l’anno 2016; 1.012 milioni di euro per l’anno 2017; 1.012 milioni di euro per l’anno 2018; 607 milioni di euro per l’anno 2019; 202 milioni di euro per l’anno 2020), scatterebbe il blocco delle domande fino a una nuova assegnazione di risorse o alla rideterminazione dell’assegno mensile o dei parametri Isee per accedervi.