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Angeletti: Oggi lo Stato è il peggiore datore di lavoro

angeletti attili

Sintesi intervista a RADIO ANCH’IO

Il voto che merita questa riforma è 5, per due ragioni. La riforma doveva affrontare immediatamente due questioni: ridurre le cosiddette stazioni appaltanti, cioè i luoghi nei quali – oggi sono 30mila – l’amministrazione pubblica prende le decisioni di spesa per acquisiti di beni, servizi e per fare le gare.

Questo è un sistema complicato che, da una parte, genera sprechi e, dall’altra, agevola di molto la corruzione. Lo stesso governo ha detto che ne basterebbe qualche decina. Avere rinviato questa riforma è un grave errore, è un grave limite. Sarebbe stato necessario, inoltre – ed è questa la seconda questione – obbligare la PA a non chiedere più ai cittadini documenti o atti che essa già possiede. 

Questa sarebbe stata la semplificazione e la trasparenza necessaria. Noi siamo dell’idea che le retribuzioni debbano corrispondere al valore del lavoro. Misurare il valore del lavoro è una cosa complessa, ma possibile.

Per quanto riguarda la trasferibilità dei dipendenti pubblici, oggi, è difficile trasferire quegli stessi lavoratori che sono disposti alla mobilità. Il problema è che chi dirige deve essere disposto a riorganizzarsi: ebbene, devo ancora incontrare un direttore generale, un ministro o un responsabile di qualche ente che dica che lui è cosciente di avere troppi dipendenti e di avere individuato anche quali trasferire.

Per quanto riguarda i permessi sindacali penso che la cosa più saggia sia quella di trattare i dirigenti sindacali pubblici come quelli che operano nel privato, in termini di permessi sindacali e di diritti.

Noi saremmo molto favorevoli a che i dipendenti pubblici fossero trattati come i metalmeccanici. Lo Stato negli ultimi sei anni si è comportato come il peggiore datore di lavoro che c’è in Italia: non ha rinnovato i contratti e ha tagliato i permessi sindacali per cui i lavoratori e i delegati hanno meno permessi e meno diritti di quanti ne hanno nel settore privato.

 

Ci sono tre milioni di persone che lavorano al servizio di tutti gli altri cittadini: chi è che giudica il lavoro che viene fatto? Se chi giudica non ha nessun vincolo oggettivo, quanto è facile scadere nel clientelismo? Bisogna stabilire criteri oggettivi, come avviene nelle Amministrazioni di altri paesi: i risultati devono essere conosciuti in anticipo e il raggiungimento di questi risultati deve essere oggettivamente valutabile.

 

 

 

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