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Amedeo Nasalli Rocca e il prefetto illetterato

di Guido Melis

Amedeo Nasalli Rocca (Piacenza, 1852-Pisa, 1908) fu uno dei grandi prefetti dell’età costituente. Di famiglia nobile, sebbene non ricco, percorse la carriera prefettizia come era d’uso collezionando numerose “translocazioni”, che gli consentirono di conoscere molte regioni dell’Italia appena unificata. Uomo indipendente, si potrebbe dire anche talvolta irriverente, ha lasciato un succoso libro, Memorie di un Prefetto, pubblicato postumo nel secondo dopoguerra. Vi si trovano molte informazioni sul lavoro delle prefetture ma anche puntuali (e spesso sapidi) giudizi sui suoi superiori gerarchici: una generazione di prefetti che fece l’Italia, ma non senza mettere in evidenza i limiti culturali di processi formativi spesso improvvisati. Federico Papa, il prefetto qui preso di mira, fu titolare a Piacenza nel 1873-1876: con l’avvento della Sinistra al potere fu tra i tanti allontanati dal nuovo governo.

Anche il mio primo Prefetto a Piacenza, il comm. Papa, aveva fama d’essere un ‘martire della causa’, perché mentre aveva servito malamente i Borboni a Napoli – sospettato di liberalismo – ne aveva avuto qualche rabbuffo, che poi, caduto il regno, gli aveva fruttato dal nuovo governo stima e promozioni. Era un inetto e palese ignorante. Ma un brav’uomo e non faceva altro, in ufficio, che raccontare agli impiegati barzellette del tempo di “chillo”, e cioè del Borbone. Lo scrivere non era affar suo, e lo sapeva. Quando le circostanze lo obbligavano a metter fuori la sua letteratura, erano guai: veniva fuori una prosa tale che io, per incarico del buon consigliere delegato Cav. Sarti, dovevo sforzarmi di aggiustare alla meglio, con correzioni e raschiature, imitando la grossa scrittura del Papa. Una volta egli preparò di suo pugno una quarantina di proposte per la nomina di sindaci, che allora veniva fatta per decreto reale; e tutte finivano con formule di questo stampo: “Propongo di essere fatto sindaco di X il tale”; oppure: “Parmi che convenisse che fosse fatto…”; od anche: “Penso di essere fatto sindaco il tale”.

Amedeo Nasalli Rocca, Memorie di un Prefetto, Roma, Casa editrice Medirettanea, 1946, p. 4.

Articolo tratto da: Irpa.eu

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