LA RESA INCONDIZIONATA DELLO STATO ALL’EVASIONE FISCALE!
Il piano di lavoro del processo di revisione della spesa pubblica, affidato al Commissario per la spending review Carlo Cottarelli, è stato definito uno dei punti cardine della politica economica del governo. Sono ben 32 i miliardi di risparmi attesi nell’arco di tre anni da tale operazione, pari a due punti di Pil. Cottarelli ha impostato il percorso della revisione della spesa con l’istituzione di 25 gruppi di lavoro che si riuniscono periodicamente e dai quali si attende la formulazione di proposte, già entro la fine di febbraio, “come input per possibili decisioni di politica economica che il governo valuterà nel corso della primavera”.
Dalle prime indiscrezioni, si apprende che il Commissario Cottarelli non risparmierà niente e nessuno e tale approccio rende più che legittime le preoccupazioni per il settore del pubblico impiego, già ampiamente penalizzato dagli ultimi Governi e dalle recenti manovre di finanza pubblica.
Abbiamo detto 32 miliardi, una cifra elevata che si tradurrà in ulteriori tagli e in nuove misure di contenimento della spesa delle Pubbliche Amministrazioni, con conseguenze che determineranno inevitabili, ulteriori disagi per l’erogazione dei servizi pubblici ai cittadini utenti nonché agli operatori preposti a tali prestazioni.
A fronte di tali considerazioni, suscitano non poche perplessità “le rivelazioni” del Direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera, il quale, nel corso di una audizione sul redditometro davanti alla Commissione di vigilanza sull’Anagrafe tributaria, ha sciorinato dati a dir poco inquietanti: ben 545 miliardi di crediti vantati dallo Stato e non riscossi, di cui lo stesso Befera ritiene possibile il recupero di una percentuale pari al 5% – 6% del totale, per un ammontare calcolato tra 27,2 e 32,7 miliardi di euro.
A questo punto diventa consequenziale interrogarsi sull’adozione di certe scelte politiche. Perché la possibilità di recupero degli ingenti crediti vantati dallo Stato, che non era certamente sconosciuta agli addetti ai lavori, non è stata considerata ai fini del reperimento delle somme necessarie all’aumento del PIL? Perché istituire la figura di “Mister tagli”, il cui costo costituisce un onere aggiuntivo per il bilancio dello Stato? Perché istituire ben 25 gruppi di lavoro di esperti “sforbiciatori” nelle cui menti dovrebbero accendersi fulminanti lampadine per archittettare ulteriori colpi di scure su cittadini e lavoratori, Pubblica amministrazione e servizi pubblici, ecc.? E’ vero che la collaborazione di tali esperti è stata prevista “a titolo gratuito” ma è altrettanto vero che l’incarico aggiuntivo, che consiste nella formulazione di piani e soluzioni, in tempi certi e rapidi, costituisce senza ombra di dubbio motivo di distoglimento dai compiti istituzionali cui sono preposti. Senza, poi, sottovalutare che il “titolo gratuito” della collaborazione costituisce spesso uno “specchietto per le allodole”…. perché se è vero che la collaborazione deve essere a costo zero non lo sono certamente le spese per il rimborso di missioni, spostamenti e per consulenze esterne di professionisti e organizzazioni privati.
Befera ha accennato alla possibilità di recupero del 5%-6% delle somme accertate e non riscosse, si tratta praticamente di una cifra più o meno equivalente a quella che Cottarelli deve reperire in tre anni per assicurare i due punti di Pil. Ma, allora, l’alternativa più logica non sarebbe stata quella di investire risorse per potenziare gli strumenti per il sicuro recupero in prima battuta della percentuale indicata dal Direttore dell’Agenzia e, a seguire, della massa totale dei crediti vantati dallo Stato? Non sarebbe ragionevole studiare interventi legislativi che consentano di rimuovere gli ostacoli normativi ed i meccanismi perversi di un sistema che non consente il riscatto di capitali ed immobili a vantaggio dello Stato?
Quei 32 miliardi che Cottarelli dovrà reperire sulla pelle di cittadini e lavoratori corrispondono al solo 6% della cifra che il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha indicato come mancato introito fiscale a danno dell’erario. Quanti punti di PIL aggiuntivi si potrebbero riacquistare grazie al recupero di tali ingenti somme e quanti rinnovi contrattuali, in grado di colmare il gap che si è determinato dopo i cinque anni di blocco retributivo per i dipendenti pubblici, si potrebbero assicurare? La risposta a queste domande crea un sincero sconcerto.
Sono anni che la nostra Organizzazione Sindacale si batte per scuotere la parte politica, affinché vengano assunte nuove e urgenti iniziative legislative volte al superamento di quelle che ormai sono vere e proprie “falle” del nostro sistema fiscale e tributario, in quanto da una parte non consentono di perseguire un politica fiscale equa e dall’altra continuano a rendere possibile il perpetrarsi di una evasione ed elusione fiscale sempre più dilaganti, con inevitabili ripercussioni negative sui cittadini delle fasce più deboli, sui lavoratori dipendenti, sui pensionati, con grave detrimento del loro potere d’acquisto e con conseguenti ricadute sui consumi, innescando una spirale a catena che sta portando il nostro Paese al livello più basso mai raggiunto negli ultimi decenni.
E allora, è tutto il Paese che si ingessa. Caste e categorie di privilegiati e ricchi sopravvivono, mentre per tutti gli altri si apre una voragine da cui diventa sempre più difficile venire fuori e, se il Paese si ingessa, pian piano l’economia viene travolta. L’economia non è costituita soltanto dai grandi e ricchi imprenditori ma anche dalle piccole e medie imprese, che sono le prime a risentire del blocco dei consumi, con le conseguenze che tutti conosciamo: fallimenti e nuova disoccupazione.
Le manovre che si susseguono, una dietro l’altra, non fanno altro che accelerare questo processo, l’ostinazione di proteggere i privilegi e di non perseguire una lotta vera, dura, efficiente nei confronti degli evasori fiscali, fanno sì che le risorse vengano reperite sempre e comunque con misure alternative che colpiscono duramente sempre le stesse categorie.
E allora le considerazioni fatte all’inizio confermano che la riforma fiscale non è più procrastinabile. Una riforma mirata, una riforma che, attraverso la valorizzazione del lavoro degli operatori, il potenziamento delle strutture preposte e la rimozione di vincoli ed ostacoli normativi, possa contribuire al rilancio dell’economia e alla ripresa dei tassi di crescita.
La UIL Pubblica Amministrazione continuerà, con forza e determinazione, la battaglia per una riforma fiscale che restituisca al sistema tributario del nostro Paese quei criteri di equità sociale, di trasparenza e di efficienza necessari per colmare quell’enorme falla che divora risorse ingenti, assicurando enormi privilegi a pochi e determinando grave pregiudizio per il resto della collettività.