Con la Circolare n. 8/E del 28 aprile 2014, l’Agenzia delle Entrate ha fornito i primi chiarimenti in ordine alla riduzione del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e assimilati, prevista dall’articolo 1 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, che riconosce un credito d’imposta ai titolari di reddito di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
Si tratta di un intervento che si riferisce esclusivamente al 2014 e che il Governo intende rendere “strutturale” in sede di legge di Stabilità per il 2015.
L’importo del credito è di 640 euro per i possessori di reddito complessivo non superiore a 24.000 euro; in caso di superamento del predetto limite di 24.000 euro, il credito decresce fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito complessivo pari a 26.000 euro attraverso un meccanismo di dècalage, in base al quale il bonus spettante si ricava dall’applicazione della seguente formula: 640 x [(26.000 – reddito complessivo)/2000].
Il reddito complessivo rilevante ai fini del beneficio è assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze.
Il decreto prevede che il credito sia riconosciuto automaticamente da parte dei sostituti d’imposta, senza attendere alcuna richiesta esplicita da parte dei beneficiari, “ripartendolo fra le retribuzioni erogate successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge, a partire dal primo periodo di paga utile”. Considerata la data di entrata in vigore del decreto, i sostituti d’imposta riconosceranno il credito spettante ai beneficiari a partire dalle retribuzioni erogate nel mese di maggio. Solo nella particolare ipotesi in cui ciò non sia possibile per ragioni esclusivamente tecniche legate alle procedure di pagamento delle retribuzioni, i sostituti riconosceranno il credito a partire dalle retribuzioni erogate nel successivo mese di giugno, ferma restando la ripartizione dell’intero importo del credito spettante tra le retribuzioni dell’anno 2014.
Fermo restando il limite complessivo del reddito per aver diritto al “bonus”, possono beneficiare del credito i lavoratori (pubblici e privati) che percepiscono redditi di lavoro dipendente di cui all’articolo 49, comma 1, del TUIR ovvero redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’articolo 50, comma 1, del TUIR, di seguito specificati:
– compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative (lett. a);
– le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai lavoratori dipendenti per incarichi svolti in relazione a tale qualità (lett. b);
– somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio, premio o sussidio per fini di studio o addestramento professionale (lett. c);
– redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (lett. c-bis);
– remunerazioni dei sacerdoti (lett. d);
– le prestazioni pensionistiche di cui al d.lgs. n. 124 del 1993 comunque erogate (lett. h-bis);
– compensi per lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lett. l).
Sono, invece, esclusi dal credito:
– i contribuenti il cui reddito complessivo non è formato dai redditi specificati dal comma 1-bis;
– i contribuenti che non hanno un’imposta lorda generata da redditi specificati al comma 1-bis superiore alle detrazioni per lavoro dipendente e assimilati, spettanti in base all’art. 13, comma 1, del TUIR;
– i contribuenti che, pur avendo un’imposta lorda “capiente”, sono titolari di un reddito complessivo superiore a euro 26.000.
I sostituti di imposta devono determinare la spettanza del credito e il relativo importo sulla base dei dati reddituali a loro disposizione. In particolare, i sostituti d’imposta devono effettuare le verifiche di spettanza del credito e del relativo importo in base al reddito previsionale e alle detrazioni riferiti alle somme e valori che il sostituto corrisponderà durante l’anno, nonché in base ai dati di cui i sostituti d’imposta entrano in possesso, ad esempio, per effetto di comunicazioni da parte del lavoratore, relative ai redditi rivenienti da altri rapporti di lavoro intercorsi nell’anno 2014.
Il credito “è rapportato al periodo di lavoro nell’anno”. Per tale ragione, ove ricorrano i presupposti per fruirne, il credito di euro 640, o il minore importo spettante per effetto della riduzione prevista per i titolari di reddito complessivo superiore a euro 24.000 ma non a euro 26.000, deve essere rapportato in relazione alla durata, eventualmente inferiore all’anno, del rapporto di lavoro, considerando il numero di giorni lavorati nell’anno.
I soggetti le cui remunerazioni sono erogate da un soggetto che non è sostituto di imposta, tenuto al riconoscimento del credito in via automatica, possono richiedere il credito nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta 2014, secondo modalità che saranno specificate nei modelli delle dichiarazioni dei redditi, e, conseguentemente, utilizzarlo in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero richiederlo a rimborso.
La possibilità di richiedere il credito nella dichiarazione dei redditi si applica anche ai contribuenti per i quali il credito in commento, spettante per l’anno d’imposta 2014, non sia stato riconosciuto, in tutto o in parte, dai sostituti d’imposta di cui agli articoli 23 e 29 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ad esempio perché relativo a un rapporto di lavoro cessato prima del mese di maggio.
Fermo restando che i sostituti d’imposta devono riconoscere in via automatica il credito in base alle informazioni in loro possesso, i contribuenti che non hanno i presupposti per il riconoscimento del beneficio, ad esempio perché titolari di un reddito complessivo superiore a euro 26.000 derivante da redditi diversi da quelli erogati dal sostituto d’imposta, sono tenuti a darne comunicazione al sostituto d’imposta il quale potrà recuperare il credito eventualmente erogato dagli emolumenti corrisposti nei periodi di paga successivi a quello nel quale è resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto.
Per espressa previsione del comma 1-bis dell’art. 13 del decreto-legge, il credito “non concorre alla formazione del reddito” e, quindi, le somme incassate a tale titolo non sono imponibili ai fini delle imposte sui redditi, comprese le relative addizionali regionale e comunale.
Pertanto, non costituendo retribuzione per il percettore, i crediti non incidono sul calcolo dell’imposta regionale sulle attività produttive dei soggetti eroganti.