È stato presentato il 22esimo Rapporto Annuale INPS. Il documento, che prende in esame lo stato di salute del sistema del welfare nel 2022, conferma il sostanziale superamento della situazione della crisi pandemica che, nel corso degli anni precedenti, ha inciso profondamente sul tessuto economico e sociale del nostro Paese e, di conseguenza, sulla vita dell’Istituto.
Il documento, che prende in esame lo stato di salute del sistema del welfare nel 2022, conferma il sostanziale
superamento della situazione della crisi pandemica che, nel corso degli anni precedenti, ha inciso
profondamente sul tessuto economico e sociale del nostro Paese e, di conseguenza, sulla vita dell’Istituto.
Da pagina 258, il capitolo 3.6 è dedicato al settore pubblico.
Se si guarda ai dati OCSE al fine di comprendere la struttura dell’occupazione nel settore pubblico in comparazione
con altri paesi sviluppati, l’Italia ha una percentuale di occupati nel settore pubblico (rispetto al totale degli occupati) poco al di sopra del 13% (dato del 2019) e in leggera contrazione rispetto al 2007 (14,5%), un valore significativamente inferiore alla media OCSE che è di circa il 18%. Un andamento verosimilmente dovuto a misure come il blocco del turnover e, in generale, ad una più attenta politica fiscale intrapresa a seguito delle crisi del 2009 e del 2012. Il dato italiano è inferiore rispetto a quello di altri paesi avanzati come la Francia (21,2%), il Belgio (18,2%), la Gran Bretagna e la Spagna (entrambe sopra al 15,5%). Inoltre, è uno dei pochi paesi OCSE ad avere un tasso di crescita negativo nello stesso indicatore tra 2007 e il 2019.
L’Italia ha la percentuale di occupati nella Pubblica Amministrazione cosiddetta “centrale” più anziana di tutti i paesi OCSE: la percentuale di occupati con più di 55 anni calcolata nel 2022 è quasi del 50% mentre, per lo stesso indicatore, la media OCSE è circa 26%. Inoltre, se si analizza la percentuale di giovani tra 25 e 34 anni, nel 2020 l’Italia è l’unico paese (insieme alla Grecia) a trovarsi sotto il 5%, laddove la media OCSE è del 19%. Il settore pubblico italiano ottiene una migliore performance in termini di parità di genere dove si attesta su un valore poco inferiore al 60% (di occupati di sesso femminile sul totale) esattamente a livello della media OCSE e poco al di sotto di Paesi come Francia, Svezia e Portogallo.
Considerata la situazione del pubblico impiego italiano e la possibilità che vi sia, in tale settore, una riallocazione di lavoro consistente nei prossimi anni, è interessante analizzare nel dettaglio come si svolge la progressione di carriera in questo settore, come si distribuiscono i salari e quali sono le maggiori differenze con l’occupazione nel settore privato in modo da suggerire informazioni chiare al policy maker che dovrà dirigere tale cambiamento. I microdati amministrativi INPS contenuti nella cosiddetta lista PosPa consentono una descrizione accurata dell’occupazione nel settore pubblico dal 2014 al 2021, a cui si darà spazio nel prossimo paragrafo; il resto del capitolo si occupa di implementare analisi descrittive utilizzando tali dati per approfondire le tematiche discusse in precedenza. Questa sezione, pertanto, contribuisce alla letteratura che studia i fattori che influiscono sulle scelte individuali di lavorare nel settore pubblico e privato, che sono connesse ai relativi differenziali in termini retributivi e di stabilità occupazionale, approfondendo le questioni di genere,
età e territorio.