La Pubblica Amministrazione italiana è sempre più al femminile, ma la strada verso i vertici rimane in salita. Sei dipendenti pubblici su dieci sono donne, un dato che conferma il ruolo fondamentale della componente femminile nel settore. Tuttavia, questa massiccia presenza non si traduce in un pari accesso alle posizioni di comando, rivelando un evidente squilibrio di genere al livello dirigenziale.
I numeri delineano un paradosso. Se da un lato le donne costituiscono il 59,8% del personale, con picchi del 77,2% nell’Istruzione e del 69,3% nella Sanità, la loro rappresentanza si assottiglia drasticamente salendo di grado. L’analisi condotta da Forum PA evidenzia come solo il 4,9% delle dipendenti ricopra un ruolo dirigenziale, a fronte del 7,4% dei colleghi uomini. Questo divario è mascherato da una fotografia dei soli apicali, che mostra una quasi parità (51% uomini e 49% donne), ma che, considerando la sproporzione alla base, conferma l’esistenza di un “soffitto di cristallo”. In altre parole, per una donna nella PA, la probabilità di intraprendere una carriera di vertice è significativamente inferiore.
La tendenza storica, però, segnala un cambiamento in atto: tra il 2014 e il 2023, l’occupazione femminile nel pubblico impiego è cresciuta del 9,6%, mentre quella maschile è calata. Questo, unito a due importanti novità normative, lascia presagire un possibile riequilibrio nel prossimo quinquennio.
Da Roma arriva la riforma della carriera dirigenziale che dovrebbe introdurre la possibilità di avanzare di grado anche per progressione interna, basandosi su anzianità e merito, e punta a meccanismi di valutazione più oggettivi e legati alla leadership. Dall’Europa, nel 2026, dovrebbe arrivare un ulteriore impulso con l’entrata in vigore della Direttiva sulla trasparenza retributiva. Questo provvedimento sposterà l’approccio dalla gestione delle denunce individuale a un controllo proattivo, obbligando le amministrazioni a pubblicare report dettagliati su tutte le voci salariali, con l’obiettivo dichiarato di azzerare il divario retributivo di genere.
In sintesi, il comparto pubblico poggia su una forza lavoro prevalentemente femminile e le prossime mosse di Governo ed Europa sembrano andare incontro a questo cambiamento.

