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Pianeta allo stremo. Foresta Amazzonica e Antartico rischiano di scomparire

Da una recente ricerca intitolata Safe and just Earth system boundaries e pubblicata il 31 maggio scorso sulla rivista Nature, 40 scienziati di tutto il mondo hanno tracciato i limiti invalicabili dell’inquinamento oltre i quali, entro il 2030, si arriverà a una crisi globale che rappresenterebbe una «minaccia esistenziale per la civiltà».

Il collasso ambientale trasformerebbe il pianeta in una gigantesca serra con un aumento di 5°C nelle temperature e di circa 9 metri del livello del mare. La foresta Amazzonica e la banchisa dell’Antartico potrebbero scomparire definitivamente.

Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) aveva ipotizzato già vent’anni fa che saremmo giunti a questo punto di non ritorno. Purtroppo, i decisori politici non hanno fatto nulla per invertire la rotta. Anzi, i problemi ecologici sono peggiorati.

La maggiore responsabilità di questa situazione è da imputare a USA, Cina, Russia, Arabia Saudita, India, Canada, Australia che sono i maggiori inquinatori al mondo.

Si tratta degli stessi Paesi che con gli accordi di Parigi del 2015 avevano stabilito di mantenere il riscaldamento globale entro il grado e mezzo annuale.  Oggi, secondo un recente rapporto delle Nazioni Unite, implementeranno la produzione di combustibili fossili del 120% entro il 2030.

L’attuale crisi climatica è l’esito dello sviluppo estremo di una forma globale di attività economica di tipo capitalistico. E, come suggerito da Karl Marx, la diminuzione della fertilità naturale dei sistemi biofisici crea le condizioni per una violenta frattura tra economia e risorse naturali che può portare a crisi estreme.

Le principali soluzioni secondo il rapporto pubblicato su Nature sono il ricorso alle le energie green ed ecosostenibili, e interventi molto più ambiziosi nella strutturazione di piani ambientali ed economici secondo principi di giustizia ed equità.

 

Roma, 4 giugno 2023

Ufficio comunicazione Uilpa

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