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P.A. Veneto. «La precarietà svilisce la dignità umana». Intervista a Massimo Zanetti

Massimo Zanetti, Segretario regionale UILPA Veneto

Qual è il problema più rilevante del lavoro pubblico nella sua regione?

 

Sarò banale, ma è la cronica carenza di personale. Un fenomeno generalizzato, con l’aggravante che investe uffici strategici come l’INPS, l’Ispettorato del Lavoro, l’Agenzia delle Entrate, i Tribunali, le Procure e non solo. I motivi di tale carenza sono la scarsa appetibilità del comparto pubblico e i bassi salari. In questi anni il sindacato ha fatto enormi sforzi per far comprendere alla politica che la P.A. è un bene per la società, ma va adeguatamente sostenuta. E va sostenuta perché una Pubblica Amministrazione messa in grado di operare efficacemente migliora la vita quotidiana dei cittadini e agevola le attività economiche.

 

Ma la politica ha scelto di non investire nella macchina pubblica.

 

Esatto. È stata una scelta miope e oggi ne paghiamo le conseguenze. Aumentano le disuguaglianze, curarsi sta diventando un privilegio basato sul censo e il lavoro nero è una piaga da cui non riusciamo a liberarci. A proposito di lavoro nero le cito un caso: a Padova 14 Ispettori del Lavoro seguono 102 comuni. Lascio a lei ogni considerazione. La miopia della politica sta nel fatto che non investire nella macchina pubblica significa impoverire tutta la società. Persino dopo la pandemia sembra che ancora non l’abbiano capito.

 

Le nuove assunzioni permettono di coprire i vuoti di organico?

 

In alcuni casi sì, in tante altre realtà no. Per esempio, nelle agenzie fiscali del Veneto la maggior parte dei vuoti di organico sono stati coperti. Viceversa, nella novantina di uffici delle tre province che seguo, Padova, Venezia e Rovigo, i nuovi ingressi non riescono a coprire nemmeno le uscite degli ultimi 3-4 anni. Dunque, sotto questo profilo, il bilancio è in deficit.

 

In che misura è rilevante il problema dei vincitori dei concorsi pubblici che rinunciano al posto di lavoro?

 

È molto rilevante ed è dovuto a tre problemi. Il primo è la questione salariale. Se un giovane siciliano deve trasferirsi a Venezia si trova a fare i conti con una realtà dove una camera in affitto costa mediamente 700 -800 euro al mese e con uno stipendio di 1.200-1.400 euro non riesce a vivere. Il secondo problema riguarda la crescita economica. Nella P.A. italiana per fare uno scatto in avanti un dipendente deve aspettare 10-15 anni e oltre. In Germania gli avanzamenti economici sono automatici e avvengono ogni due anni. Il terzo problema è lo svilimento della dignità umana che va sotto il nome di precarietà. Troppi concorsi sono a tempo determinato. Questi tre problemi spiegano perché su 400 vincitori di concorso per le sedi INPS del Veneto solo 172 hanno accettato il posto. E spiega anche un altro fenomeno: la fuga ogni anno di decine di migliaia di giovani all’estero. Emigrano perché le opportunità di lavoro e di crescita sono molto migliori rispetto a quelle che offre il nostro Paese.

 

Gli uffici della P.A. del suo territorio hanno difficoltà a mettere a punto i progetti del PNRR?

 

Sì. Prevalentemente negli uffici degli Enti locali e dei Comuni, ma anche in quelli delle Funzioni Centrali. Un motivo riguarda la mancanza di professionalità specifiche. Ovviamente questa mancanza comporta il fatto che attualmente le figure in grado di rispondere alle necessità del Piano sono impersonate da dipendenti che, non per causa loro, non hanno maturato le competenze necessarie. Competenze che spesso si acquisiscono dopo anni di attività. Perciò c’è il serio rischio di perdere fondi essenziali per lo sviluppo del Paese.

 

Negli enti della sua regione dove si applica il CCNL Funzioni Centrali il sistema delle relazioni sindacali funziona in maniera soddisfacente?

 

Il quadro è a macchia di leopardo. Mi spiego. La contrattazione di secondo livello ha le ali spuntate perché lascia alla parte datoriale la possibilità di sottrarsi alla discussione col sindacato. Mi riferisco, per esempio, all’organizzazione e ai carichi di lavoro. Naturalmente esistono anche realtà in cui l’amministrazione non si sottrae al confronto e laddove i dirigenti sono più lungimiranti dialogano col sindacato per trovare le soluzioni ottimali. Purtroppo i dirigenti così lungimiranti sono pochi e nella maggioranza dei casi sembrano non rendersi conto del fatto che, per quanti ostacoli si possano creare, il confronto col sindacato non è aggirabile. Questo atteggiamento è causato da una serie di norme favorevoli alla parte datoriale e che mettono le briglie all’istituto della contrattazione.

 

Cosa si dovrebbe fare per aumentare la forza contrattuale dei sindacati?

 

Innanzitutto dobbiamo prendere ancor più consapevolezza del nostro valore e talvolta ai lavoratori questa consapevolezza manca. Manca perché a monte c’è un difetto. A partire dagli anni ’80 in poi il nostro Paese ha progressivamente subito un’involuzione culturale che ha fatto smarrire la cognizione del ruolo del sindacato e del valore della solidarietà. Lei pensi che forza potrebbero avere gli oltre tre milioni di dipendenti pubblici se marciassero compatti verso l’obiettivo di rendere migliori i servizi e avere il riconoscimento del lavoro che svolgono. Inoltre, il sindacato dovrebbe operare con maggior forza anche sul piano culturale per combattere l’individualismo, l’opportunismo, il particolarismo. Allo stesso tempo dobbiamo batterci per tornare a dire la nostra sulle materie che sono state sottratte alla contrattazione.

 

Roma, 17 luglio 2023

 

A cura dell’Ufficio comunicazione UIL Pubblica Amministrazione