L’ultimo Rapporto ARAN relativo agli occupati nella P.A. per tipologia di rapporto di lavoro certifica una preoccupante involuzione occupazionale nel comparto pubblico. Infatti, confrontando i dati dal 2001 al 2021 emerge come la P.A. abbia perso un numero rilevante di posti di lavoro.
Comparto delle Funzioni Centrali: nel 2001 gli occupati erano 363.002, mentre nel 2021, 199.121. Circa 165 mila unità in meno. Stesso destino per le Funzioni locali che nel 2001 contavano 585.544 dipendenti e nel 2021, 395.235.
Gli unici settori dove il divario risulta meno netto sono Istruzione e ricerca con una differenza di circa 70.000 unità, e Sanità con uno scarto di 20 mila unità dal 2001 al 2021.
Questi numeri però riguardano tutti i dipendenti della P.A., sia quelli a tempo determinato che indeterminato. L’ARAN tuttavia mostra anche come in venti anni questi due tipi di contrattualizzazioni si sono evolute.
Nel 2001 in tutta la Pubblica Amministrazione i dipendenti assunti a tempo indeterminato erano 3.230.784, mentre nel 2021 risultano 2.932.529, il minimo storico. 300mila contratti a tempo indeterminato in meno che hanno svuotato gli uffici portandone alcuni alla soglia del collasso.
Disaggregando i dati l’Italia appare così sempre più spaccata in due: da una parte i territori dove esiste una buona presenza di lavoro privato che, mediamente, offre trattamenti economici migliori rispetto al datore di lavoro pubblico; dall’altra le regioni del Sud che forniscono alla P.A. il principale serbatoio di forza-lavoro, ma destinata a una condizione di sostanziale povertà.
C’è necessità di un piano occupazionale di ampio respiro per le amministrazioni pubbliche. Un piano basato su posti di lavoro stabili e su retribuzioni dignitose.
Roma, 28 settembre 2023
Redazionale