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Colombi. Nuove assunzioni nella P.A. appena sufficienti a rimpiazzare le uscite

Sui mezzi di informazione continua a rimbalzare l’intervista rilasciata qualche tempo fa dal ministro della Funzione Pubblica a un quotidiano nazionale e in cui dichiara che nel 2022 saranno pubblicati bandi per 100mila nuove assunzioni da rendere effettive entro l’anno in corso. La velocità delle selezioni concorsuali è possibile grazie a procedure digitali semplificate che consistono prevalentemente nello svolgimento di prove a quiz con domande a risposta multipla.   

Ribadiamo le nostre riserve su questo metodo di selezione rapida per reclutare figure professionali da destinare a funzioni complesse e di responsabilità. E comunque ben vengano le nuove assunzioni. Soprattutto per settori come le Funzioni Centrali i cui vuoti di organico sono particolarmente gravi.

Tuttavia le buone notizie non devono farci perdere di vista la capacità di riflettere. Lì per lì 100mila nuovi posti di lavoro nella Pubblica Amministrazione sembrano tanti. Ma tutti sanno che non sono sufficienti a compensare vent’anni di tagli del personale. Tant’è che l’anno scorso, sempre il ministro della Funzione Pubblica, è arrivato a parlare di 500mila nuove assunzione nei prossimi anni. Cifra ragguardevole, ma ancora largamente insufficiente se si legge l’ultimo il rapporto ANPAL-UNIONCAMERE intitolato “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2022-2026)”.

Tale rapporto stima in 770mila unità il fabbisogno occupazionale della P.A. fino al 2026. Stima eccessiva? Sembrerebbe proprio di no perché il 94% di questi posti servirà solo a sostituire le uscite previste, pari a 726mila lavoratori. Dunque i conti non tornano: il grandioso piano di assunzioni nella Pubblica Amministrazione legato al PNRR basterebbe appena a garantire da qui a cinque anni un incremento occupazionale di 44mila unità. In pratica, si resterebbe all’incirca sui livelli attuali, senza ricuperare le perdite precedenti. Per di più, sempre secondo le previsioni ANPAL-UNIONCAMERE, l’incremento interesserebbe sostanzialmente solo il settore della Giustizia e quello dell’Istruzione.

Ovviamente si tratta di scenari. Ma provengono da soggetti pubblici qualificati e meritano di essere presi sul serio. D’altronde, nella Nota di aggiornamento al DEF, presentata alla fine dello scorso mese di settembre, la spesa per i redditi da lavoro dipendente nella Pubblica Amministrazione, cioè stipendi e retribuzioni dei dipendenti pubblici, è prevista in aumento del 5.2% nel 2022 rispetto al 2021 per effetto dei nuovi CCNL. Ma poi nel 2023 e nel 2024 ci sarà una netta diminuzione: il che sembra coerente con la previsione che non ci saranno incrementi di organico, ma al massimo solo un contenimento delle perdite.

Non è questo che serve ai lavoratori, non è questo ai cittadini, non è questo che serve all’Italia.

Sandro Colombi, Segretario generale Uil Pubblica Amministrazione

Roma, 4 marzo 2022

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