Venerdì 13 dicembre 2024, alle ore 17:30, in Via Episcopio, 1, ad Avellino, si terrà la presentazione del libro ‘L’Irpinia del dopoguerra e l’avvento del fascismo’ di Annibale Cogliano. L’evento sarà introdotto e coordinato da Giovanni Capobianco con gli interventi di Mimmo Limongiello, Fiorenzo Iannino, Matteo Zerrella, Salvio D’Acunto.
In previsione della presentazione abbiamo ascoltato le parole dell’autore, Annibale Cogliano, professore di storia e filosofia, e di uno dei relatori, Mimmo Limongiello, presidente AUSER (rete di associazioni di volontariato e di promozione sociale) e vicepresidente ANPI ( Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), per scoprire da dove nasce l’idea di questo libro.
Annibale Cogliano: “Questo segue un altro libro sulla Grande Guerra in Irpinia e quindi è la continuazione naturale. L’ho scritto perché è un periodo convulso in cui si vivono fenomeni anche opposti: corporativi, rivoluzionari, riformisti, o il trasformismo che è l’elemento dominante. Poi abbiamo il movimento dei combattenti che riguarda soprattutto il Mezzogiorno e di cui il fascismo farà man bassa nonostante le molte contraddizioni, infatti una parte dei combattenti non aderì. La guerra non finisce nel 18, almeno nel fronte interno, perché rimane la crisi, l’economia di guerra, le tensioni sociali, il rientro dei prigionieri… dunque fino al fascismo noi abbiamo anni di convulsione. Proprio per questo ho scelto l’Irpinia, perché grazie alle sue specificità, è il filo conduttore dell’indagine che ha dato luogo a questo saggio.”
Mimmo Limongiello: “Io seguo da tanto tempo il percorso di ricerca storica di Annibale Cogliano ma c’è un profondo coinvolgimento personale. Io ho avuto la fortuna di ascoltare un mio zio che spesso mi parlava di tutto quello che era successo nella nostra città e nella nostra provincia all’avvento del fascismo. E questo è un argomento misconosciuto da sempre da tutti gli irpini. Nessuno conosce nemmeno un fatto storico lacerante che ha interessato questa città, cioè il famoso caso Battista – Buttazzi cui Annibale dedica un capitolo importante del libro e che noi come AUSER e ANPI abbiamo poi voluto pubblicare a parte. Un caso veramente emblematico di questo giovane fascista pugliese che frequentava il centro enologico, che era un centro di formazione molto molto importante , all’epoca erano solo tre in tutta Italia, e quindi attirava anche i figli delle borghesie di un po’ tutta l’Italia meridionale.
Succede che questo giovane viene ammazzato per sbaglio da un altro giovane fascista però nel parapiglia che si viene a creare per gli scontri che c’erano stati tra questi manipoli fascisti e alcuni giovani simpatizzanti socialisti avellinesi, viene data la colpa a un giovane artigiano del luogo che non c’entrava nulla. Viene condannato e si fa la prigione da innocente. Quindi il mio coinvolgimento è rabbioso perché oggi è come se Avellino, come se l’Irpinia fossero stati fuori dalla storia. Per questo si ignora che nei giorni seguenti centinaia e centinai di fascisti misero la città a ferro e fuoco durante i funerali di Buttazzi che diventerà un martire per tutto il ventennio fascista, una figura evocata ricorrentemente in tutte le manifestazioni. I fascisti impongono la chiusura dei negozi, addirittura vanno ad assaltare la casa di questo innocente battista e cercano addirittura il primo figlio per far finire la stirpe. Quindi cose davvero aberranti che esigono il mio coinvolgimento. Poi io ho avuto un padre antifascista internato militare in Germania per due anni per cui ho proprio un legame personale e sentimentale con gli eventi raccontati nel libro.”