Qual è il problema più urgente che il suo ente si trova ad affrontare?
Sembrerà curioso, ma dopo anni di turnover quasi inesistente, oggi ci troviamo di fronte al problema opposto: la carenza di spazi fisici per accogliere i dipendenti di nuova assunzione. Questa situazione è la diretta conseguenza di una errata politica di reclutamento del passato. Politica che ha generato profondi vuoti di organico, soprattutto nelle sedi all’estero. Attualmente, l’amministrazione è costretta a recuperare il tempo perduto con un ritmo serrato di nuovi ingressi, una vera e propria corsa per chiudere le falle. In aggiunta, la regola ministeriale impone che il personale di ruolo, assunto centralmente a Roma, debba prendere servizio nella capitale per un periodo di almeno 18 mesi prima di essere assegnato a una sede all’estero. Sebbene si cerchino deroghe, specie per i contrattisti delle ambasciate e dei consolati che hanno superato il concorso di ruolo, la tendenza è quella di far rispettare questo periodo iniziale ai neoassunti per facilitare la loro integrazione nel contesto lavorativo. Tale meccanismo, tuttavia, contribuisce all’attuale emergenza logistica.
Fra 18 mesi l’emergenza logistica sarà finita?
In teoria sì. Dico in teoria perché c’è un altro problema da risolvere. Ossia il fatto che l’assegnazione delle sedi all’estero si basa sulla domanda del singolo. Può perciò capitare che ci sia una concentrazione di preferenze per certe sedi lasciandone scoperte altre. Per esempio, nel concorso di due anni fa, si è verificato un ingorgo su due sedi in Giappone, desiderate da una moltitudine di candidati con studi in lingue orientali. Anche per questo motivo, per il ministero era cruciale che le assunzioni avvenissero con regolarità, necessitando di norme speciali e deroghe date le sue peculiarità. Ma così non è stato.
Di che numeri stiamo parlando per queste nuove assunzioni?
A spanne circa 700 persone nuovi ingressi entro la fine dell’anno. Inoltre, sono previsti altri concorsi, come, per esempio, quello da diplomatici e per dirigenti. Complessivamente parliamo di numeri significativi perché, ad oggi, il Ministero degli Esteri conta complessivamente circa 3.500 unità di personale di ruolo, e siamo in procinto di superare le 4mila. All’estero poi ci sono circa 3mila persone assunte con contratto locale, ma non possono svolgere le stesse mansioni del personale di ruolo.
A sei mesi dalla firma del Contratto Collettivo Nazionale, qual è la sua valutazione sulle relazioni sindacali?
Direi che sono buone con l’amministrazione, con la quale manteniamo aperto un canale di comunicazione. C’è molta attenzione da parte dell’amministrazione sia nei nostri confronti che della Cgil, anche perché il risultato della RSU non è passato inosservato. Formalmente, l’amministrazione si attiene alle direttive dell’Aran, quindi non veniamo convocati al tavolo sindacale neanche per le informative. Alle quali riusciamo comunque a pervenire grazie alle istanze di accesso agli atti o richieste in qualità di sigla rappresentativa della dirigenza. Dopotutto le due organizzazioni che non hanno firmato il CCNL, rappresentano oltre il 50% del personale contrattualizzato.
Qual è la sua esperienza in merito al coinvolgimento sindacale dei giovani neoassunti?
I giovani mostrano una netta preferenza per la qualità della vita rispetto allo stipendio. Per esempio, prediligono sedi come Praga, Lisbona o Dublino perché è più facile rientrare in Italia con più frequenza rispetto a capitali molto più lontane. Ai giovani interessa essere aiutati ad andare all’estero, fare esperienza e risparmiare. Dal punto di vista ideale, cioè della tutela dei diritti e della politica sindacale c’è del lavoro da fare, non lo nego. Ciononostante, non siamo scoraggiati perché non sono pochissimi i giovani che si rivolgono al sindacato non solo per i servizi che offriamo, ma anche per capire il mondo in cui si trovano, le dinamiche interne e persino per discutere di questioni di rilevanza nazionale e internazionale. Diciamo che c’è una base da cui partire.
In che modo le nuove tecnologie, e in particolare l’intelligenza artificiale, stanno modificando l’organizzazione del lavoro al Ministero degli Esteri?
Per quanto ne so, al momento non ci sono piani immediati rispetto all’introduzione dell’intelligenza artificiale nel nostro Ministero. Tenga presente che siamo soggetti a numerosi attacchi informatici. Il che ci costringe a operare in un ambiente sostanzialmente “blindato”. Ad esempio, non possiamo controllare la posta dall’esterno se non con applicativi limitati. Comunque, c’è una forte spinta verso la formazione informatica del personale e ci sono investimenti che si concentrano sull’adeguamento della rete, un tempo fin troppo permeabile. In sintesi, per l’alfabetizzazione informatica siamo sempre stati preparati, ma abbiamo il problema della sicurezza che condiziona molto il nostro lavoro.
A cura dell’Ufficio comunicazione UILPA
Roma, 12 giugno 2025