Qual è il problema più urgente che il suo ente si trova ad affrontare?
Anche quest’anno il nostro Ministero deve affrontare gli effetti della progressiva riduzione del personale stabilita della legge 244 del 2012. Legge che prevede di arrivare a un organico di 20mila unità su 30mila che eravamo in origine. Il vertice politico aveva promesso che sarebbe stata chiesta una deroga per non depauperare l’organico del personale civile, ma questa richiesta non c’è mai stata. E così oggi l’amministrazione della Difesa si ritrova con meno personale civile di quello che sarebbe invece necessario. Oltretutto non è chiaro come si intenda procedere per fronteggiare tale situazione. Quel che è certo è che si è posta una seria ipoteca sulle possibilità di valorizzazione del personale esistente e sulle nuove assunzioni. Oggi la Difesa necessita soprattutto di personale tecnico qualificato. Perciò negli arsenali e nelle basi militari occorre un piano straordinario di assunzioni, ma sinora i bandi per i concorsi nazionali non hanno prodotto i risultati attesi.
Tutto questo non è in contraddizione con le attuali politiche governative sull’incremento delle spese per la difesa?
La scelta del governo di incrementare la percentuale di PIL utilizzabile per la difesa deriva dalle richieste che provengono dall’Europa e che sono legate al contesto internazionale. Come sindacato non entriamo nel merito di queste decisioni ma non possiamo fare a meno di notare come, almeno per ora, nemmeno un euro di tali risorse sembra destinato alla valorizzazione del personale civile e a risolvere i gravi problemi dell’Agenzia Industrie Difesa. Un ente che comprende stabilimenti industriali un tempo gestiti direttamente dal Ministero: Fontana Liri, Castellammare, Messina e così via. Strutture dove sono impiegate centinaia di lavoratori che noi rappresentiamo.
A quali problemi si riferisce?
Oggi l’Agenzia non ha piani industriali per i propri stabilimenti ma soprattutto non riesce a garantire ai propri dipendenti, ai quali si applica il contratto delle Funzioni Centrali, neanche una tutela dal punto di vista economico. Come sindacato siamo più volte dovuti intervenire per rivendicare maggiore puntualità nel pagamento degli stipendi e degli altri emolumenti. Insomma, manca un reale interesse per il personale. Il che è tanto più strano in un contesto di gestione privatistica che ha sempre millantato un’elevata qualità nella gestione dei propri dipendenti. Queste difficoltà creano così tanti grossi problemi alla vita delle persone che siamo arrivati a chiederne il rientro al Ministero per assicurare loro un minimo di tutela.
A sei mesi dalla firma del CCNL può fornirci una valutazione complessiva sull’andamento delle relazioni sindacali nel suo Ministero?
Non c’è molto da dire. Da noi si avverte chiaramente la volontà di emarginare le organizzazioni sindacali non firmatarie del CCNL escludendole non solo dai tavoli della contrattazione, ma da ogni relazione sindacale. È una situazione che non possiamo più tollerare perché mina gli istituti della partecipazione e il dialogo tra le parti. Perciò ci vedremo costretti a utilizzare tutti gli strumenti a nostra disposizione per ripristinare le corrette relazioni sindacali.
Come va la contrattazione a seguito della vostra esclusione dai tavoli di trattativa?
Non mi sembra di vedere grandi miglioramenti. Per ora si sono limitati a copiare l’integrativo che, come UILPA, avevamo sottoscritto l’anno scorso e a riproporlo nuovamente quest’anno. Peraltro, devo osservare che l’atteggiamento delle nostre controparti pubbliche è più intransigente quando la delegazione trattante è composta da dirigenti amministrativi civili, mentre la dirigenza militare, a livello di Stato Maggiore, mostra più apertura. Evidentemente da parte di quest’ultima c’è la volontà di continuare a confrontarsi con noi per risolvere i tanti problemi che quotidianamente si presentano.
A questo proposito, qual è la situazione sui territori?
I problemi che riscontriamo a livello nazionale si ripropongono anche nelle sedi di contrattazione decentrata. Perciò a livello locale noi siamo esclusi da ogni tipo di confronto, compresi i momenti di scambio che derivano semplicemente dalle buone relazioni sindacali e che inducono le parti a sedersi per cercare soluzioni a problemi comuni. Ma all’ostracismo abbiamo risposto con un grande risultato alle recenti elezioni per le RSU. Malgrado il numero enorme di sedi elettorali, oltre 300, siamo riusciti a presentare le liste in più di due terzi dei collegi e abbiamo inserito una quantità record di nostri delegati. Questi numeri ci consentono di stare al passo con tutte le attività e di continuare a far sentire la nostra influenza nelle delegazioni trattanti a livello locale.
Qual è la sua esperienza in merito al coinvolgimento sindacale dei giovani neoassunti alla Difesa?
Penso che abbiamo vinto la sfida generazionale che ci preoccupava molto alla vigilia delle elezioni per il rinnovo delle RSU. Abbiamo trovato ragazzi che hanno accettato di partecipare, che si sono prima incuriositi all’attività sindacale e poi hanno condiviso le nostre ragioni e si sono messi in gioco ottenendo un grande consenso. Ora tocca a noi più anziani ed esperti aiutarli e farli crescere nell’organizzazione. Forse, rispetto ad altre amministrazioni pubbliche, noi abbiamo il vantaggio di poter pescare anche in una fascia molto ampia di colleghi che, ancora giovani, transitano dal servizio militare ai ruoli civili. Tra loro abbiamo trovato tanti elementi validi che abbiamo poi candidato nelle nostre liste.
A cura dell’Ufficio comunicazione UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 2 giugno 2025