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“La legge di bilancio affossa la contrattazione” Intervista a Sandro Colombi

Il 2024 si è chiuso con un referendum indetto da FP CGIL, UILPA e USB contro l’accordo separato per il rinnovo del CCNL Funzioni Centrali e con l’approvazione della legge di bilancio. Su questi temi abbiamo raccolto l’opinione di Sandro Colombi, Segretario generale della UILPA.

 

 

Segretario, partiamo con una domanda secca: è ancora convinto che valesse la pena di promuovere un referendum contro l’intesa separata del 6 novembre scorso?

 

Per le lavoratrici e i lavoratori delle Funzioni Centrali l’accordo del 6 novembre era e resta una brusca frenata causata da una risicata maggioranza di sigle sindacali. Tanto più dopo uno strappo alle regole che da sempre hanno caratterizzato le trattative in Aran. Perciò, abbiamo ritenuto fosse importante chiamare le persone a esprimersi per dire quello che pensavano di questo accordo.

 

Ma secondo il governo la recente legge di bilancio 2025 contiene molti aspetti favorevoli per il pubblico impiego, a cominciare dagli stanziamenti per il rinnovo del triennio 2025-2027.

 

La legge di bilancio sostanzialmente conferma la bontà delle ragioni di chi non ha firmato l’accordo del 6 novembre: nel lavoro pubblico si va verso una progressiva riduzione del ruolo della contrattazione. Le decisioni più importanti che riguardano le condizioni di lavoro dei dipendenti pubblici si prendono ormai per via legislativa. Secondo la mentalità di chi ci governa, il posto nella P.A. è “figo” solo per gentile concessione del decisore politico.

 

Sì, ma 1.755 milioni di euro per l’anno 2025, 3.550 milioni di euro per l’anno 2026 e 5.550 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027 non sono bruscolini.

 

A parte il fatto che queste risorse vanno spalmate su diverse categorie, la domanda è: in base a quale calcolo sono state quantificate? A quale tasso di inflazione programmata fanno riferimento? Per saperlo basta leggere la relazione tecnica: stiamo parlando di incrementi retributivi dell’1,8% per l’anno 2025, del 3,6% per l’anno 2026 e di un incremento complessivo del 5,4% a regime a decorrere dall’anno 2027. Se qualcuno mi vuole convincere che nel 2027 l’inflazione reale del triennio precedente risulterà pari solo al 5,4% è come se mi stesse dicendo che da qui al 2027 gli asini potranno volare o gli extraterrestri sbarcheranno a piazza Navona. Siamo seri.

 

La legge di bilancio prevede anche un incremento dell’indennità di vacanza contrattuale. Non è una buona cosa?

 

Forse non è chiaro un concetto: il governo sta sopprimendo per asfissia il ruolo della contrattazione nel pubblico impiego. E aggiungere qualche spicciolo sull’indennità di vacanza contrattuale, che salirà allo 0,6% dal 1° aprile 2025 e all’1% dal 1° luglio 2025, va in questa direzione. Basta guardare cosa è avvenuto nel 2023 e nel 2024 per avere il quadro di cosa si sta preparando per il futuro.

 

Pensa a qualche decreto natalizio con anticipi e acconti vari a valere sulle risorse contrattuali già stanziate?

 

Direi proprio di sì. D’altra parte, hanno già predeterminato politicamente e in modo del tutto unilaterale il cammino delle nostre retribuzioni fino alla fine del 2027. E magari alla fine del triennio apriranno di nuovo una trattativa “prendere o lasciare” simile a quella che si è conclusa il 6 novembre scorso nel modo che sappiamo, per distribuire le ultime risorse non ancora erogate.

 

La legge di bilancio fissa gli stanziamenti anche per il triennio 2028-2030. Perché i dipendenti pubblici non dovrebbero essere contenti di sapere che i soldi per incrementare le loro retribuzioni nei prossimi 6 anni sono già sul piatto?  Dopo tutto, non era mai avvenuto prima.

 

Perché nessuno oggi ha la più pallida idea di quante risorse serviranno nel 2030 per recuperare realmente l’inflazione del triennio precedente. E ciò in barba alle tante richieste di produttività ed efficienza della Pubblica Amministrazione.  A prima vista sembra un grande regalo della politica, ma la realtà è che con questa legge di bilancio la politica ha messo in gabbia gli stipendi degli statali per i prossimi 6 anni. E non uso la parola “gabbia” per caso. Dopo tanto parlare a sproposito di gabbie salariali, ecco che questa classe politica rompe gli indugi e passa all’azione: il lavoro pubblico diventa il primo settore lavorativo dove per legge si sperimenta un percorso programmato pluriennale di contenimento delle retribuzioni. È scontato che così gli stipendi continueranno ad aumentare meno dei prezzi al consumo. Un percorso perfettamente coerente con le “traiettorie” in materia di spesa pubblica suggerite all’Italia da Bruxelles per i prossimi 6-7 anni per effetto del nuovo patto di stabilità.

 

Lei aveva espresso il timore che lo stanziamento dello 0,22% aggiuntivo rispetto al 5,78% del CCNL 2022-2024 potesse perdersi durante l’iter di conversione della legge di bilancio e invece il provvedimento è stato confermato. Almeno su questo i firmatari del 6 novembre avevano ragione?

 

Per niente, perché si tratta di risorse destinate all’incremento dei trattamenti accessori dei dipendenti pubblici che erano già state stanziate nella legge di bilancio precedente e che ora vengono riconfermate. Sono gli effetti a distanza di un accordo politico che sottoscrivemmo unitariamente nel lontano 2021 con il governo Draghi per superare il tetto imposto alle risorse della contrattazione integrativa dalla riforma Madia.

 

Dopo la triste pagina della firma separata per il rinnovo del CCNL c’è un messaggio che vuole mandare ai dipendenti delle Funzioni Centrali?

 

Sì, e il messaggio è che l’unità sindacale è il bene più prezioso che abbiamo. Partiamo proprio dall’attualità. Se oggi qualche organizzazione si vanta di aver firmato un accordo separato dove si prevede uno 0,22% di risorse in più è perché quattro anni fa Cgil, Cisl e Uil fecero fronte comune nel rivendicare una norma che permettesse di sfondare il muro della legge Madia. Quando le rappresentanze dei lavoratori marciano insieme, si ottengono risultati eccellenti. Lo dimostrano tanti e recenti contratti firmati insieme dalle tre grandi confederazioni. Tutti hanno avuto aumenti salariali di gran lunga superiori ai nostri.

 

A cura dell’Ufficio comunicazione UIL Pubblica Amministrazione

 

Roma, 7 gennaio 2025